Se e suolo se

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Vitale, ma non infinito. L’importanza di difendere il suolo dalla cementificazione
di Luca Mercalli

C’è una parte del nostro pianeta che calpestiamo ogni giorno, ed è proprio la terra, il suolo, da troppi considerato un mero supporto asfaltato per parcheggiare l’auto, da altri qualcosa di sporco e fangoso. Invece il suolo, soprattutto quello agrario, e in genere tutto quello ancora non costruito, è uno degli anelli fondamentali dei processi biogeochimici che ci permettono di vivere. Il suolo è un insieme di minerali e di vita: nei primi 30 cm di spessore ci sono un’enormità di funghi (compresi i tartufi), batteri, insetti, vermi che hanno il compito di decomporre il materiale vegetale morto e di produrre humus, esplorato dalle radici delle piante che da questo variegato substrato traggono gli ingredienti per la nuova vita.
Da milioni di anni il suolo è il luogo dove si chiude un ciclo e se ne apre un altro, un perenne efficientissimo riciclo, senza scarti, senza perdite. Il suolo ci serve innanzitutto per produrre cibo. Ma non basta: il suolo filtra e depura l’acqua che poi preleviamo dalle falde per i nostri acquedotti, cattura e immagazzina anidride carbonica, mitigando così i cambiamenti climatici, modera la furia delle alluvioni, permettendo l’espansione dei fiumi in piena e assorbendo una parte importante delle acque superficiali, protegge e alimenta la biodiversità. Eroga una quantità imponente di silenziosi servizi ecosistemici, dei quali ci accorgiamo solo quando vengono a mancare. Ma la nostra società non è consapevole dell’importanza del suolo, e lo distrugge irreversibilmente con la cementificazione. Ogni secondo in Italia se ne vanno sotto le ruspe 4 metri quadrati di suolo, 35 ettari al giorno (come 50 campi da calcio). Oggi il 7 per cento del territorio italiano è cementificato, sembra una frazione modesta, in realtà si tratta di circa 21mila kmq, quasi come se la regione Emilia-Romagna fosse interamente edificata.
L’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha calcolato che in termini di perdita di servizi e maggiori rischi ambientali questa colata di cemento ci costa 800 milioni di euro all’anno. Ma è la perdita di un bene unico e irriproducibile che ci deve preoccupare più ancora dei soldi: il suolo non solo non è infinito, ma ha qualità diverse (viene suddiviso in 8 classi di cui solo le prime 3 adatte a un’agricoltura produttiva) e impiega millenni per formarsi. «La nazione che distrugge il suo suolo distrugge se stessa», diceva Franklin Delano Roosevelt. Ecco perché abbiamo urgentemente bisogno di una legge che protegga il suolo dall’avidità di oggi e lo salvaguardi come bene inalienabile per i nostri figli e nipoti. In Italia una legge contro il consumo di suolo giace da anni in Parlamento, in Europa non è ancora stato approvato un regolamento comunitario che difenda il suolo. Per questo è in atto un’importante petizione europea: www.salvailsuolo.it che chiede un efficace provvedimento contro l’emorragia di suolo. Io ho già firmato, facciamoci sentire.