Il grande caldo

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Il sintomo principale del cambiamento climatico? La tendenza al riscaldamento di lungo termine
di Luca Mercalli

 Il gelo e le imponenti nevicate che hanno sepolto le regioni adriatiche dell’Appennino nel gennaio scorso hanno creato una grande confusione mediatica in relazione ai cambiamenti climatici.

Per qualcuno neve e freddo rappresentavano un alibi perfetto per negare il riscaldamento globale e fare l’occhiolino a un’imminente glaciazione, per altri una prova schiacciante che il clima sta diventando più estremo e si è trattato di un’eccezionalità mai vista. Sono approcci entrambi inappropriati.

La prima considerazione è ingenua e facile da neutralizzare: non è un breve episodio di neve e gelo su una limitata regione a contraddire l’aumento termico planetario. L’aggettivo “globale” è fondamentale a riguardo: la superficie di Marche, Abruzzo, Molise e Puglia è di circa 44mila kmq, pari allo 0,009% dell’area terrestre!


E un mese con una temperatura un po’ più fredda della media non rappresenta né l’intero anno né la tendenza a lungo termine verso il riscaldamento, che comunque è in atto anche su quelle regioni. Il freddo del gennaio scorso è risultato pressoché ordinario sulla Pianura Padana, dove la temperatura media mensile è stata solo di mezzo grado circa sotto quella normale.L’anomalia è divenuta più significativa verso l’estremo Nord-Est e verso il Sud Italia (circa 3 °C sotto media), più esposti al soffio dei gelidi venti balcanici durati una ventina di giorni. Tuttavia si è trattato di una situazione fuori dal comune solo in rapporto ai troppo tiepidi inverni recenti. I nostri nonni, invece, abituati a stagioni ben più crude, non si sarebbero stupiti. Prendiamo ad esempio Trieste: la media di gennaio 2017 è stata di 3,4°C, e per trovarne una più bassa in questo mese bisogna tornare indietro di 30 anni, fino al gennaio 1987 (2,9°C) e a quello del 1985 (1,8°C), ma poi allontanandosi nel passato i casi più rigidi di quello attuale si infittiscono... 1966, 1964, 1963, 1954, 1947, 1946, 1945, 1941, 1940, 1935.

l contrario di quanto accade per il freddo, 6 dei 10 mesi più caldi della serie secolare sono recenti, post 2000. L’atmosfera terrestre si sta dunque riscaldando, gli episodi di caldo eccessivo diventano molto più ricorrenti, quelli di freddo intenso si fanno invece più rari, pur senza scomparire del tutto e, quando avvengono, ci sorprendono maggiormente.

Piogge e nevicate abbondanti sono eventi difficili da attribuire ai cambiamenti climatici e sono i loro effetti a sorprenderci, i danni alle cose e alle persone, che spesso dipendono, però, dal cattivo uso del territorio. È la tendenza al riscaldamento di lungo termine il sintomo principale su cui concentrare l’attenzione, senza dover fare a palle di neve tra sostenitori di glaciazioni e tropicalizzazioni.