L’aumentato interesse verso gli aspetti salutistici dell’alimentazione negli ultimi anni ha generato la ricerca da parte dei consumatori di alimenti ad effetto benefico: tra questi, possiamo citare l’avocado, le mandorle e la curcuma, il cui uso nelle cucine dello Stivale è enormemente aumentato.
Se, però, riconosciamo come “benefici” alcuni alimenti, ricordando tuttavia che è l’intero stile alimentare a rappresentare la vera arma a nostra disposizione per salute e prevenzione delle più diffuse malattie cronicodegenerative, guai a dimenticare il re dei cosiddetti superfood: l’olio extravergine d’oliva.
Un’ottima miscela
Gli effetti benefici sulla salute e in particolare sul rischio cardiovascolare, riconosciuti dalla ricerca scientifica alla dieta mediterranea, sono stati principalmente attribuiti proprio all’olio extravergine d’oliva. All’inizio si pensava che il merito fosse dell’elevato contenuto di acido oleico; oggi è sempre più chiaro che va a un perfetto mix di fattori, ineguagliabile in altri oli vegetali. Innanzitutto, una percentuale di acidi grassi monoinsaturi variabile tra il 60 e l’80%, una bassa percentuale di acidi grassi saturi, la cui influenza sulla salute è sempre sotto l’occhio attento dei ricercatori perché considerati dannosi, e una buona percentuale di acidi polinsaturi, che pure hanno un ruolo importante nei processi collegati alle malattie, in particolare cronicodegenerative.
Oltre a questa miscela particolare di grassi, l’olio extravergine d’oliva contiene una serie di composti, denominati bioattivi: sono circa 220 sostanze – idrocarburi, tocoferoli, polifenoli, alcoli, steroli e pigmenti – che svolgono una potentissima azione antiossidante e che sono responsabili del sapore, degli aromi e della sensazione piccante. È anche una fonte di tutto riguardo di vitamina A e vitamina E, entrambe coinvolte nei processi cellulari alla base dell’invecchiamento e della degenerazione cellulare. Inoltre pochi alimenti hanno una regolamentazione così scrupolosa come quella dell’olio d’oliva, generalmente classificato in extravergine, vergine, raffinato, d’oliva, sulla base della percentuale di acidità che, ricordiamo, più bassa è, meglio è.
Anche all’interno della categoria extravergine, si possono trovare oli molto diversi tra loro: quindi per la scelta puntare su uno di qualità, che abbia una bassa acidità (inferiore allo 0,8%), un chiaro odore-sapore e una sensazione di amaro e piccante, indici questi di un buon contenuto di polifenoli.
Dati ISMEA confermano che l’Italia ha il primato mondiale per i consumi annui d’olio extravergine d’oliva, con un consumo medio annuo pro capite intorno ai 7,5 litri. Gli Stati Uniti e l’UE sono i maggiori importatori, seguiti da Brasile, Giappone e Canada, Cina, Australia e Russia, ultimo il Messico.
Errata corrige
Meno leggero e non adatto alla frittura: due falsi miti da sfatare.
Alcune persone non gradiscono l’olio extravergine perché sostengono che è più grasso degli altri oli d’oliva o di semi e preferiscono condimenti più leggeri. Chiariamo subito che la parola “leggero”, in questo caso, non ha alcun significato perché da un punto di vista calorico tutti i grassi sono uguali e non esiste alcun olio che abbia meno calorie di un altro. Tra l’altro, è proprio il suo aroma spiccato che permette di usare poco condimento nelle varie preparazioni e quindi di ridurre l’apporto energetico dovuto ai grassi. Un altro falso mito da sfatare: l’olio d’oliva non è adatto per la frittura. Nulla di più sbagliato perché l’acido oleico che contiene è adatto per qualsiasi uso, vista la sua stabilità anche a temperature molto elevate.