Costo sociale

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La questione numero uno è l’evasione fiscale su scala globale. Ne parliamo con Leonardo Becchetti, docente di economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata.

Leonardo BecchettiLe disuguaglianze economiche, oltre ad essere una delle principali cause della lunga crisi, sembra ne siano anche la conseguenza. Perché? 

«La disuguaglianza è un problema perché la distribuzione ineguale del reddito vuol dire distribuzione ineguale del potere d’acquisto e quindi indebolimento dell’economia perché calano i consumi dei ceti medio bassi che sono fondamentali. E poi è anche un problema sociale perché la tenuta stessa delle democrazie è a rischio quando aumenta il malcontento».

Che fare per invertire questa tendenza?
«Bisogna lottare contro elusione e evasione fiscale, soprattutto contro i grandi gruppi. Questo è un punto chiave. La questione numero uno è la questione fiscale su scala globale: 100 miliardi di elusione basterebbero a far sopravvivere 64 milioni di bambini che non hanno accesso alle cure sanitarie».

Ma la stiamo affrontando questa emergenza?
«Le istituzioni internazionali stanno cercando di fare qualcosa – penso alle cause contro Ryanair e Apple –; ci sono delle prime indicazioni. Io credo che si dovrebbero muovere anche le istituzioni locali per evitare che intervista i grossi gruppi evadano il fisco. E poi dovrebbero diffondersi sempre di più nei bilanci delle imprese non solo gli indicatori sull’ambiente e sul lavoro, ma anche quelli sul fisco».

Questo basterebbe a mettere un freno alle disuguaglianze?
«No, occorre che prevalgano politiche di riduzione delle disuguaglianze e di progressività fiscale. Il problema è anche culturale. Se prevale l’idea per cui la spesa pubblica è uno spreco e bisogna affamare lo stato...».

Quindi se ne esce con politiche fiscali rigorose e con politiche di investimenti pubblici?
«Assolutamente sì. Che per noi sono politiche di tipo europeo a partire dalla battaglia contro l’austerità e a favore della mutualizzazione di rischi e debiti».

Il suo recente libro sulla povertà tocca quella che è l’estrema conseguenza delle disuguaglianze.
«Sì, il problema dell’Italia è che abbiamo una quota di persone sotto la povertà assoluta che è aumentato da 1 milione a 4 milioni e mezzo di persone. La mia idea è che, in una società dove la creazione-distruzione dei posti di lavoro è molto frequente ed è grande la mobilità, noi abbiamo bisogno di una rete di protezione universale. E questo significa reddito minimo e sostegno all’inclusione attiva. Bisogna arrivare prima possibile a mettere sul piatto quei 7 miliardi che servono a strappare quei 4 milioni di persone dalla loro condizione di povertà assoluta».