Emiliano Brancaccio, docente di politica economica e di economia politica e internazionale presso l’Università del Sannio.
Quali sono i meccanismi che tendono ad accentuare le disuguaglianze?
«Sono processi cumulativi che si avvitano su se stessi e vertono sul fatto che la ricetta promossa e portata avanti per tentare di uscire dalla crisi ha accentuato i processi di deregolamentazione dei mercati, in particolare del lavoro, con la conseguenza che si è prodotto un deterioramento ulteriore del potere dei lavoratori e uno spostamento di reddito dai salari verso i profitti e le rendite».
Con quali conseguenze? «Com’è stato rilevato dal Fondo monetario internazionale e da altre istituzioni, si assiste anche a un deterioramento delle prospettive di sviluppo economico e quindi a un peggioramento del quadro occupazionale. Se realizzi processi di liberalizzazione che spostano reddito dai poveri ai ricchi tu riscontri inevitabilmente anche un calo della tendenza a spendere. Il motivo banale è che se dai 100 euro a un lavoratore, egli ne spenderà sicuramente una parte, se li dai a uno più ricco è facile prevedere che tenderà a trattenere quei 100 euro sotto forma di liquidità». intervista
Parliamo dell’Europa dove sono cresciute le disuguaglianze fra gli stati e all’interno degli stati. È solo colpa della crisi?
«Le politiche di deregolamentazione hanno accentuato anche i divari tra i paesi più forti e più deboli. A causa di queste politiche registriamo una spaventosa accentuazione di insolvenza delle imprese in Italia e nel Sud Europa, mentre abbiamo osservato una riduzione delle insolvenze in Germania e in altri paesi centrali dell’Unione».
Come se ne esce?
«Anziché procedere nella direzione della liberalizzazione e precarizzazione dei mercati, bisognerebbe ripristinare un sistema di tutele a livello del lavoro e forme di regolamentazione dei mercati finanziari che mettano in discussione la libera circolazione dei capitali in quanto causa principale delle disuguaglianze e della crisi che ne consegue. Personalmente ho proposto l’adozione di uno standard ufficiale degli scambi internazionali che impedisca l’attuazione di politiche di concorrenza al ribasso in campo salariale, fiscale, ambientale e del lavoro. Questa proposta trova riscontri in molti ambiti, in particolare nell’Organizzazione mondiale dei lavoratori, ma temo che le condizioni politiche per promuovere questo tipo di iniziative non ci siano».