Le donne maltrattate sono spesso madri di bambini anche molto piccoli, vittime di quella che viene chiamata violenza assistita. Abbiamo chiesto al Procuratore per i Minorenni di Trieste, Leonardo Tamborini, come la legge tutela questi minori.
«Quando si viene a conoscenza di violenze in una famiglia in cui ci sono dei minori, la Procura per i Minorenni apre un procedimento a loro tutela e ciò accade anche quando non sono i figli a essere direttamente vittime di violenza. In questi casi si parla di violenza assistita per la quale non occorre che i minorenni assistano direttamente ai maltrattamenti, ma è sufficiente che percepiscano il clima di violenza».
Che effetti produce la violenza assistita?
«Le ripercussioni più comuni sono ansia, insicurezza, difficoltà di concentrazione, isolamento, depressione. Per non parlare degli atteggiamenti protettivi che tanti figli, anche in tenera età, sviluppano nei confronti del genitore maltrattato: tutte conseguenze che nuocciono al minore sia nel breve che nel lungo termine».
Come agisce la Procura in questi casi?
«La soluzione migliore è la separazione consensuale dei genitori. Se ciò non avviene, la Procura può chiedere al tribunale di allontanare il genitore violento e, se neppure questo è possibile, si ricorre alle case rifugio madrebambino. Non sempre, però, la madre vuole allontanarsi dal partner, per soggezione, paura, bisogno economico, motivi sentimentali. Se non ci sono alternative, per tutelare il bambino si può arrivare alla sua sistemazione in comunità senza la madre: una soluzione estrema che si cerca sempre di evitare perché si rischia di danneggiare il minore, privandolo del suo ambiente abituale, delle sue relazioni sociali e dei genitori».