Principio di disuguaglianza

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Dicono che la crisi è uguale per tutti. La verità è un’altra e ci racconta di un mondo sempre più diviso tra ricchi e poveri, tra il famoso 1% che detiene metà della ricchezza mondiale e il resto che si divide le briciole. A qualcuno poi non tocca assolutamente niente. Si sta tornando verso una società patrimoniale di ottocentesca memoria?
di Aldo Bassoni

Dopo quasi 10 anni di crisi le disuguaglianze sono aumentate ancora a vantaggio del famoso 1% che ha incrementato ulteriormente la sua quota di reddito, il suo patrimonio, la sua esosa ricchezza e il suo potere non solo economico, ma anche e soprattutto politico.

Visione del mondo
I dati divulgati da Oxfam, nel rapporto di ricerca annuale Working for The Few, parlano chiaro. Uno di essi è più che scandaloso: il reddito degli 85 Paperoni equivale a quello di metà della popolazione mondiale. Persino dal summit di Davos, dove a gennaio come ogni anno si sono riuniti quelli del World economic forum (Wef), cioè le ricche élite mondiali, è stato lanciato l’allarme: “i rischi che il mondo si troverà quest’anno ad affrontare riguarderanno da una parte la partita ambientale e dall’altra quella della disuguaglianza economica”. Se anche i ricchi si preoccupano della loro ricchezza vuol dire che siamo messi davvero male. Anche in Italia, purtroppo, le cose non vanno affatto nella direzione di un restringimento della forbice delle disuguaglianze: il documento recentemente elaborato dal McKinsey Global Institute tratteggia un quadro tutt’altro che lusinghiero del Belpaese dove dal 2005 al 2014 il 97% delle famiglie ha sperimentato un drastico calo dei redditi, senza contare gli ottimi affari delle mafie e la solita piaga della corruzione. Per non parlare dell’evasione fiscale. Tanto che Oxfam si domanda com’è potuto accadere che il 20% degli italiani abbia ormai nelle proprie tasche ben il 69% della ricchezza del paese: 6.881 miliardi su 9.973. Più o meno come ai tempi di Dante, quando il 70% della ricchezza era in mano al 10% della popolazione.

«L’attenzione che Oxfam rivolge alla distribuzione della ricchezza è legata all’importanza che la condizione patrimoniale riveste per la vita delle fasce più povere della popolazione di un paese – spiega Winnie Byanyima, direttrice di Oxfam International –. Nella nostra visione la ricchezza netta fornisce da una parte una misura della capacità di resistere a shock improvvisi come raccolti scarsi o spese mediche impreviste, dall’altra è indicativa della capacità delle persone di investire nel futuro e nel miglioramento della qualità della propria vita».

 

In ricchezza e in povertà
Quello del “numero dei miliardari che possiedono la ricchezza netta della metà più povera del pianeta” è per Oxfam il dato che meglio rappresenta “l’estremizzazione della sconcertante statistica sull’insostenibile concentrazione della ricchezza su scala globale” che vede dal 2015 l’1% più ricco della popolazione mondiale possedere più del restante 99%. Un dato suscettibile solo a fluttuazioni marginali, secondo Credit Suisse, una banca che quandosi tratta di numeri è molto precisa: dal 2010 in poi il 50 % più povero non avrebbe mai posseduto oltre l’1,5% dello stock della ricchezza globale, mentre la quota dell’1 % più ricco non sarebbe mai scesa sotto il 46. Per l’Italia il dato 2016 di Credit Suisse rileva che la metà più povera della popolazione era in possesso di appena il 7,3% della ricchezza nazionale netta. «Le disuguaglianze attuali sono il frutto della combinazione tra globalizzazione e innovazione tecnologica che ha aumentato il potere contrattuale dei datori di lavoro sui lavoratori perché quelli ad alto costo dei paesi ricchi sono entrati in concorrenza con i lavoratori a basso costo dei paesi poveri – chiarisce Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università di Roma Tor Vergata –. Questo ha prodotto una riduzione della quota salari sul pil e quindi delle disuguaglianze anche tra i lavoratori. In più l’innovazione tecnologica è stata un ulteriore fattore di aumento delle disuguaglianze perché ogni volta che c’è innovazione si concentra ricchezza nelle mani dei proprietari dei nuovi beni capitali».

 

Indagine di mercato
Ma perché le disuguaglianze economiche, oltre ad essere una delle principali cause della lunga crisi, ne sono anche la conseguenza ce lo spiega Emiliano Brancaccio, docente di economia politica all’Università del Sannio. «Le cause di questo fenomeno – dice Brancaccio – vanno individuate nella deregolamentazione dei mercati del lavoro e finanziari che ha determinato uno spostamento dei rapporti di forza a favore dei possessori di capitali e di chi percepisce rendite e profitti». Un concetto già espresso non molto tempo fa da uno che di ricchezza se ne intende: “la lotta di classe esiste e l’abbiamo vinta noi”, parola di Warren Buffett, uno dei più ricchi uomini al mondo. Quello che il signor Buffet si è dimenticato di dire è che le élite economiche mondiali agiscono sulle classi dirigenti politiche per truccare le regole del gioco economico, erodendo il funzionamento delle istituzioni democratiche e generando un mondo in cui l’estrema disuguaglianza tra ricchi e poveri reca con sé un progressivo indebolimento dei processi democratici a opera dei ceti più abbienti, che piegano la politica ai loro interessi a spese della stragrande maggioranza. “Una situazione – si legge ancora nel rapporto Oxfam – che riguarda i paesi sviluppati, oltre a quelli in via di sviluppo, dove l’opinione pubblica ha sempre più consapevolezza della concentrazione di potere e privilegi nelle mani di pochissimi”. E se qualcuno pensa che manchi un controllo politico dell’economia si sbaglia di grosso: «il controllo politico dell’economia c’è – afferma Brancaccio –, ma è esercitato da forze del capitalismo assai poco illuminate e da una borghesia egemone ma ottusa». Che rischiano di portarci a quella che Thomas Piketty,nel suo Il capitale nel XXI secolo ha definito “società patrimoniale”, l’epoca letterariamente stupenda ma socialmente intollerabile raccontata nei romanzi di Jane Austen e Honoré de Balzac, il tempo in cui la società poggiava su due pilastri fondamentali: una buona rendita e un buon matrimonio. Ecco perché negli ultimi anni si è fatta finalmente strada l’idea che la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e della ricchezza, lungi dall’incentivare le persone e l’efficienza, possa portare a conseguenze drammatiche.

 

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