«Emmanuel ha 65 anni, viene dal Ghana, è diabetico, non ha i mezzi né le conoscenze per curarsi. Ci è voluto tempo, pazienza e molto lavoro di mediazione per costruire con lui un rapporto di fiducia. Una volta accettato il piano terapeutico, ha rifiutato il prelievo, sostenendo che nel suo paese il diabete si curava senza bisogno di ricorrere a controlli così frequenti. Solo qualche tempo dopo, ci ha detto che quegli esami gli avevano fatto temere che volessimo prelevargli tutto il sangue», a raccontarlo è A.P., una mediatrice culturale del primo poliambulatorio Emergency in Italia, «dove curare una persona significa davvero “prendersene cura”: ogni individuo ha un vissuto di esperienze, di abitudini, pratiche culturali, credenze religiose diverse e le cure sono più efficaci quando tutto questo è tenuto in considerazione».
La storia di E. assomiglia alle storie di tanti pazienti, migranti e indigenti, di cui poco si parla, a cui pensa Emergency nel poliambulatorio di Palermo dedicato a Giovanni Lo Porto, uomo di pace ucciso dalla follia della guerra, che dal 2006 offre senza discriminazioni e gratuitamente assistenza sanitaria di base e specialistica, servizi di educazione sanitaria e orientamento socio-sanitario. Può contare su oltre 40 volontari tra personale medico, sanitario e amministrativo, e dalla sua apertura a oggi ha offerto circa 103.500 prestazioni sanitarie, assistendo più di 66mila pazienti.
Dal 2010 anche grazie al sostegno dei soci di Unicoop Tirreno