Nella città i cui sette re s’imparano a memoria, il sovrano incontrastato dell’orto e della tavola è lui: il carciofo romanesco. Che sia alla romana o alla giudia, fritto o ripieno, ci troviamo senza dubbio al cospetto di uno dei maggiori protagonisti della cucina laziale: lo sanno bene a Sezze, in provincia di Latina, dove si tiene ogni anno una famosa sagra tutta dedicata a questo rinomato ortaggio (un’altra manifestazione molto nota si svolge annualmente a Ladispoli). Il colore viola A raccontarci tutto è Luciana Botticelli, presidente della Botticelli Società cooperativa agricola e titolare dell’Azienda agricola Botticelli Luciana, che produce il carciofo romanesco ed è socio conferitore della cooperativa.
Ci troviamo in zone particolarmente vocate alla coltivazione: le particolari condizioni climatiche dell’area, abbinate alla fertilità dei terreni, sono in grado di conferire alla varietà romanesca del carciofo setino caratteristiche organolettiche particolari, che risultano generalmente molto gradite al palato. Ma quali sono i tratti distintivi che rendono il carciofo romanesco differente rispetto alle altre varietà e, ad esempio, rispetto al violetto?
«Gli elementi caratteristici – spiega Botticelli – sono da ricercare nella grandezza, nella pezzatura, nella colorazione violacea intensa. Si tratta inoltre di un carciofo che ha poche spine».
Vigorosa, resistente e dal portamento eretto, la pianta, tipica degli ambienti mediterranei e con ciclo produttivo autunno-primaverile, si adatta a tutti i tipi di terreno. Ogni pianta produce circa una quindicina di capolini (ovvero i frutti) di primo e secondo ordine, schiacciati e di uguali dimensioni. La raccolta è medio-precoce: si va da febbraio fino ai primi di maggio, che è poi il periodo in cui il prodotto si può acquistare anche nei punti vendita Unicoop Tirreno. Viene confezionato in mazzi con o senza foglie, in esposizione a trionfi, piramidi e casse. Infine, il carciofo romanesco vanta numerose proprietà benefiche: ha pochissime calorie e molte fibre, contiene una buona quantità di calcio, fosforo, magnesio e potassio.
È protettivo del fegato, diuretico, digestivo, depurativo e contiene molto ferro.
In romanesco
I diversi modi di cucinare i carciofi romaneschi, simbolo della tradizione laziale.
È uno dei contorni che identifica la cucina della Capitale: stiamo parlando, neanche a dirlo, dei carciofi alla romana. In questa ricetta i carciofi romaneschi, dopo essere stati immersi in un mix contenente prezzemolo, mentuccia e aglio, vengono cotti lentamente in pentola appoggiati sul proprio stelo, stretti l’uno accanto all’altro in modo da sorreggersi a vicenda.
Espressione della tradizione e cultura gastronomica ebraica e anch’essi simbolo di Roma, sono i carciofi alla giudia. Nella preparazione di questa prelibatezza i carciofi romaneschi vengono fritti in olio extravergine d’oliva. Una spruzzatina d’acqua fredda poco prima della fine della cottura conferisce alle foglie quella croccantezza che rappresenta un po’ l’elemento distintivo del piatto. Infine, una proposta più veloce da preparare, ma al tempo stesso molto amata, da gustare a casa o al ristorante, ovvero i carciofi crudi, tagliati a fettine fini e con un condimento che più semplice e leggero non si può: limone, olio, scaglie di parmigiano e, perché no?, un po’ di mentuccia.