Pianure fertili, colli verdeggianti e la brezza che arriva dal mare: è questo il “Giardino della Toscana”. Così viene definita la Val di Cornia, pezzo di Maremma dove nei decenni si è sviluppata un’attività agricola variegata, forte di operatori del settore che hanno capito da tempo che l’unione fa la forza e hanno iniziato a coordinarsi.
Via Terre
Così dal nucleo iniziale del 1950, quando fu fondata nel comune di Castagneto Carducci la cooperativa Produttori Donoratico, a poco a poco il sodalizio è cresciuto e si è sviluppato in quella che oggi è la Società cooperativa agricola Terre dell’Etruria, che con le sue circa 3.500 aziende associate rappresenta una delle più importanti realtà imprenditoriali del mondo agricolo regionale. Proprio da qui arrivano gli odorosi ortaggi tipici dell’inverno, i cavoli, protagonisti di zuppe e vellutate, piatti di pasta e sformati.
Tutte le diverse varietà della Brassica oleracea (questo il nome latino) sono nutrienti e sapide e sono state per secoli protagoniste in tavola per i popoli dell’Europa del centro-sud e del centronord, sia come base di minestroni sia come contorno di corposi piatti di carni brasate: un esempio su tutti, i crauti, prodotto della fermentazione del cavolo cappuccio. Ma le brassiche non finiscono qui, anzi, è incredibile la biodiversità di questo genere di cruficere. Ce ne parla Antonio Montano dell’azienda agricola di Venturina che porta il suo nome e che ha ereditato dal papà Cuono Montano che la creò nel 1958. «Il trapianto dei cavoli – spiega – a seconda della varietà avviene da fine luglio ai primi di settembre e la raccolta da fine settembre fino a marzoaprile ». Montano conosce palmo a palmo i 10 ettari del suo terreno che coltiva insieme con la sorella Assunta e mamma Raffaella. Ma poi, confessa, «quando li mangio amo quelli di mia moglie che li fa fritti in pastella».
Cavolfiore all’occhiello
I suoi preferiti sono i cavolfiori, cioè i cavoli della sottospecie Botrytis, che comprende piante dall’infiorescenza ampia, che è la parte commestibile. Il cavolfiore, appunto, è una pianta di cui mangiamo il grosso fiore bianco. Sono quelli che preferisce ma non solo per il sapore: «Soprattutto perché più facili da raccogliere – racconta – infatti in 1 ora se ne fanno anche 30 cassette, mentre nello stesso tempo solo 8 di cavolo nero, perché bisogna fare i mazzi». Poco calorici (circa 25-35 calorie per 100 grammi a seconda della varietà) e molto sazianti (perché ricchi di fibra alimentare) i cavoli sono fonte di importanti principi nutritivi, quali potassio, fosforo, e soprattutto un elemento per cui l’American Cancer Society ne raccomanda il consumo frequente a protezione delle cellule: la vitamina C, che, però, viene in gran parte persa durante la cottura. A proposito di cottura, molti non li cucinano volentieri a causa dell’odore forte che si diffonde, dovuto alla formazione di composti solforati. Il consiglio per attenuarlo è di aggiungere all’acqua di preparazione un cucchiaio di succo di limone o di aceto di vino.
Genere noir
Ribollita, minestra di pane, polenta senza di lui non sarebbero così buone. A proposito di cavolo nero.
Anche se quando si pensa al cavolo ci balza nella mente l’infiorescenza bianca circondata da foglie verdi, uno dei fiori all’occhiello della Val di Cornia è il cavolo nero: «Resta uno tra i più amati in Toscana – sottolineano da Terre dell’Etruria – dove è coltivato e commercializzato in grandi quantità». Appartiene alla varietà acephala, ovvero senza testa, ha foglie che possono essere, in base alla varietà, lisce oppure arricciate o bollose. Sapido, aromatico e amarognolo, senza di lui la ribollita, la minestra di pane e cavolo o la polenta “incavolata” non sarebbero la stessa cosa.