Bel lavoro!

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17 Ottobre 2017
La produttività non passa dalla riduzione di salari e diritti dei lavoratori
di Pompeo della Posta *

Henry Ford, fondatore della famosa casa automobilistica e inventore della catena di montaggio, raccontava che uno dei suoi affari migliori fu la decisione, presa nel 1914, di raddoppiare lo stipendio ai propri lavoratori, portandolo a 5 dollari al giorno. Un utile spunto di riflessione in tempi come questi nei quali si sbandiera la necessità di ridurre salari e diritti per competere con paesi che hanno gli uni e gli altri più bassi dei nostri. Sì, perché il confronto non deve essere fatto con i salari nominali percepiti dai lavoratori di paesi diversi, ma con il salario per unità di prodotto.

È semplicissimo: se un lavoratore guadagna il doppio di un altro ma produce 3 volte tanto, quel lavoratore costa meno. Questo lo comprese Ford e i fatti gli dettero ragione: i suoi lavoratori si impegnaro-no così tanto che la loro produttività più che raddoppiò. La produttività dipende, però, anche da altri fattori, oltre che dall’impegno individuale. I lavoratori tedeschi, per esempio, riescono a ottenere salari elevati ed elevati standard sindacali grazie alla tecnologia di cui dispongono, resa possibile dagli investimenti nella ricerca, e grazie all’alta qualità del loro lavoro che deriva da una buona educazione scolastica. Negli ultimi anni, invece, in Italia è raddoppiata la percentuale dei sotto-occupati e di coloro che sono costretti a lavori part-time (nel 2004 era l’1,1% degli occupati maschi e il 3,5% delle femmine, oggi sono rispettivamente il 2,5% e il 5%), ed è aumentata la disoccupazione, segno delle pressioni al ribasso esercitate dalla globalizzazione che ci vede perdere i vecchi lavori senza riuscire a crearne abbastanza di nuovi. Ma non dovrebbe essere così.

La globalizzazione ha un senso solo se, favorendo lo sviluppo economico, migliora le nostre vite, come ci ricorda l’Organizzazione Internazionale per il Lavoro. E come gli esempi di più di un paese dimostrano che è possibile.

(*) docente dipartimento di economia e management Università di Pisa