Antimateria prima

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11 Ottobre 2017
Come le teorie più astratte si rivelano utili dal punto di vista pratico. L’esempio dell’antimateria che, a dispetto del nome, non ha niente di distruttivo per noi. Anzi.
di Patrice Poinsotte

Esplorare le ipotesi più bizzarre, persino implausibili dal punto di vista del senso comune e delle loro applicazioni immediate (...) ha pagato” scrive il filosofo della scienza Giulio Giorello nel suo ultimo libro L’etica del ribelle (Laterza, 2017 - pp. 155, euro 13). “Le teorie più astratte – continua – (...) si sono rivelate le più ricche anche sotto il profilo della ricerca applicata”, consentendo alla fisica medica, cioè alla disciplina scientifica in cui concetti e metodi della fisica vengono applicati alla medicina, di fare passi da gigante nei campi della diagnosi, della prevenzione e della terapia. Volete un esempio pratico di quanto la fisica ci riguardi da vicino?

In pratica
La Pet – positron emission tomography, ovvero tomografia a emissione di positroni –, una tecnica medica diagnostica affidabile come poche, usata in oncologia clinica e nelle ricerche cardiologiche e neurologiche, è appunto il risultato del lungo impegno dei migliori fisici delle particelle sia sul fronte teorico che su quello sperimentale. Cominciò il fisico britannico Paul Dirac partorendo nel 1928, grazie al suo “matematismo”, una delle equazioni più famose della fisica moderna, che unifica nientemeno che l’elettromagnetismo di Maxwell, la relatività ristretta di Einstein e l’atomo d’idrogeno di Bohr. E da un caos senza relazioni di fatti emerge una teoria solida, potente e soprattutto bella, “troppo bella per essere falsa”, diceva lo stesso Dirac. Incisa nel pavimento dell’abbazia di Westminster a Londra, teorizza l’esistenza di una nuova particella, l’anti-elettrone, vale a dire l’antimateria, che Carl David Anderson trovò empiricamente, 4 anni più tardi, nei raggi cosmici. 

Oltre i limiti
Da allora l’elettrone positivo o positrone, come dicono i fisici, inserendosi ai confini dell’intelligenza, non solo scombussola il buon senso e sposta il limite della conoscenza e del progresso, ma dà consistenza all’antimateria. E i medici lavorano con la Pet... Ma curarsi con questo potente distruttore di materia non è forse una contraddizione in termini? «Niente affatto», risponde Enrico Prati, fisico presso il Politecnico di Milano, che invita a porsi questa domanda: «se fossimo costituiti per il 100% di antimateria non penseremmo che il ruolo di distruttore è proprio della materia? La materia è a sua volta un’anti-antimateria! In realtà, queste due manifestazioni delle particelle elementari tendono allo stesso modo a ricombinarsi tra di loro in una reciproca annichilazione, ma se impiegata in modo intelligente perfino l’antimateria è utile nel nostro mondo. Ci aiuta a comprendere la natura ultima della realtà – conclude Prati – e i suoi limiti di impiego sono determinati solo dai limiti della nostra immaginazione».

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