Amore fraterno

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8 Gennaio 2021
Una storia fatta di abbandono, caduta, rinascita, riconciliazione. E infine la perdita. Giorgio Panariello sono io e mio fratello: confessioni di un comico triste.

Articolo pubblicato su NuovoConsumo del mese di dicembre 2020

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di Maria Antonietta Schiavina

La mattina del 27 dicembre 2011 una telefonata stravolge completamente la vita di Giorgio Panariello. Il suo caro amico Carlo Conti lo avvisa che suo fratello Franco è all’obitorio dopo che alcuni pseudo-amici, di fronte a un suo malore durante una cena, lo hanno abbandonato vigliaccamente in strada. A nove anni da quella tragica notte, il comico toscano ha deciso di raccontare per la prima volta la sua storia travagliata: quella con il fratello appunto, e con un destino che ha segnato terribilmente le loro vite. Lo ha fatto nel libro Io sono mio fratello, pubblicato da Mondadori, che uscito il 3 novembre è già un successo.

 

Parole pensate, ripensate e poi messe sulla carta le sue. Le saranno costate moltissimo.
«Sì, ma dovevo farlo. Lo dovevo soprattutto a Franco che si meritava un pubblico riscatto».

In Io sono mio fratello racconta due storie che corrono in parallelo, due vite all’opposto, quella di Franco e la sua, legate da un rapporto non facile ma decisamente affettuoso.
«Sarei potuto essere io al posto suo. Per questo ho voluto spiegare cosa significa a volte il destino».

In che senso?
«Da ragazzini mio fratello e io siamo stati abbandonati da nostra madre e non abbiamo mai saputo chi erano i nostri padri. Solo che nel mio caso mi hanno adottato i nonni materni, mentre Franchino, che è nato un anno dopo, è finito in collegio perché i nonni non potevano permettersi di tenere anche lui... Se fossi nato io l’anno dopo, i nonni avrebbero preso Franco e messo me al suo posto. E questo mi ha creato molti sensi di colpa».

Ma nel corso degli anni le vite di lei e Franchino si sono incontrate e scontrate spesso.
«Siamo andati in parallelo fino a un certo punto. Io con un sogno ben preciso in testa mentre lui, che di sogni non ne aveva, viveva un po’ alla giornata camminando verso la distruzione».

Per anni lei non ha capito che suo fratello aveva bisogno di una guida. Poi però...
«Lo ritenevo una zavorra perché il suo modo di vivere frenava la mia corsa verso il successo. Finché non ho capito che potevo guardare avanti per me e guardare indietro per lui. E questa è stata una cosa positiva, perché arrivando a una meta l’ho potuto anche aiutare».

E lo ha fatto, tanto che quando è mancato Franchino stava bene: grazie al suo aiuto, all’esperienza di San Patrignano e soprattutto all’appoggio di Don Mazzi, era ormai in piena disintossicazione da droga e alcol.
«Sì. Lui, e ci tengo a dirlo, era “pulito” ed avevamo trovato un po’ di serenità. Ma, dopo aver passato un bellissimo Natale insieme, la sera dopo si è sentito male durante una cena in casa di pseudo-amici che, invece di chiamare i soccorsi, lo hanno buttato sulla strada, lasciandolo morire».

La sua storia spiega che l’amore può fare tanto, perfino far uscire dal tunnel della droga.
«Credo di sì e, specialmente in un momento come questo – privo di ogni valore, di ogni umanità – se mettendomi a nudo potrò aiutare anche una sola persona a capire cosa conta davvero nella vita, non potrò che esserne felice».

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