Fra le motivazioni dei risultati elettorali dello scorso giugno in molte città italiane, che tante sorprese hanno portato a cominciare dal successo del Movimento 5 Stelle, non vedo annoverare la questione ambientale. Invece sarebbe il caso di riflettere proprio su queste tematiche e su come sono state affrontate dalle forze politiche. E su come saranno affrontate nella prossima tornata nazionale. È chiaro che, a livello locale, alcune tematiche sensibili da un punto di vista ambientale hanno maggior peso, ma ormai bisognerebbe riconoscere che c’è un minimo comune denominatore di cui sarà difficile o impossibile non tenere conto in futuro. Pena sconfitte come quella patita dalla sinistra (o centro-sinistra) italiana. Al di là del calibro dei singoli candidati, della volontà di rinnovare oltre i meriti di chi, pure, aveva bene amministrato (a Torino, per esempio) e della insofferenza per i vecchi partiti, forse c’è qualcos’altro. Proviamo a vedere.
Garantire la gestione pubblica dell’acqua, per iniziare, si è dimostrata una carta vincente, anziché trincerarsi dietro allo slogan “pubblico o privato, purché si faccia bene”. Ma c’è stato un referendum che indicava, in sostanza, che quella era la via da preferire e gli italiani se lo sono ricordato: a nessuno fa piacere essere chiamato a decidere e poi non essere considerato.
Evitare il ricorso agli inceneritori per il trattamento dei rifiuti solidi urbani è stata un’altra scelta azzeccata. Ormai ci sono molteplici possibilità di trattare i rifiuti e la raccolta differenziata (specialmente porta a porta) è la scelta delle amministrazioni oculate, che evita gli impianti industriali come gli inceneritori e consente di puntare a obbiettivi un tempo neppure pensabili, come quello dei rifiuti zero.
Ora, gli inceneritori non sono un tabù assoluto e quelli più moderni riducono sostanzialmente le emissioni, ma come dar torto ai cittadini che, fra le due, scelgono la via che non li prevede. Poi ci sono le altre grandi questioni, quelle che ritroveremo a livello nazionale, prima fra tutte il consumo di suolo, forse la più grande emergenza italiana dal punto di vista ambientale. Una legge contro l’asfalto e il cemento giace in Parlamento da quasi tre anni: è facile gioco promettere che, invece, in quel dato comune (esempio Roma), da subito, non si costruirà più neppure un metro cubo. Ed è anche auspicabile, visto che in Italia ogni secondo che passa spariscono otto metri quadrati di territorio. Tematiche importanti, ma trascurate da chi è rimasto alla politica ambientale di mezzo secolo fa.
Poi c’è la mobilità della chiusura dei centri storici e dello stop alle auto private, incrementando il trasporto pubblico e collettivo. E l’elenco potrebbe continuare (grandi opere, energie rinnovabili, ecc.). Se i vecchi partiti non vogliono andare a sbattere contro un muro, forse è ora di una poderosa sterzata.