Per Caritas

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Vicina ai poveri, ai più deboli, agli emarginati. Un impegno quotidiano di cui ci parla suor Raffaella Spiezio, presidente della Caritas di Livorno, a cui Coop dà una mano col progetto Pane quotidiano
di Aldo Bassoni

Alle 10 di mattina la sede della Caritas livornese di via delle Cateratte è già in piena attività. Sul piazzale alcuni giovani immigrati discutono sferzati da un insolito e gelido libeccio di fine aprile. Altri si riparano in sala d’attesa. Qualcuno viene, qualche altro va. Ma c’è anche chi non sa dove proprio andare perché non ha una casa. Suor Raffaella Spiezio ci accoglie cordiale nel suo ufficio dal quale dirige le tante attività di questa grande organizzazione benefica. Ma dietro quel volto mite e gentile si nasconde il carattere forte e determinato di una giovane donna che a soli 21 anni ha fatto la scelta più importante della sua vita, diventare suora per aiutare i poveri, i più deboli e gli emarginati, e che da 5 anni presiede la Caritas di Livorno. «Ho scelto la confraternita di San Vincenzo de’ Paoli proprio per questo», sorride orgogliosa di militare in prima linea nella lotta alle miserie del mondo. «Venire da una famiglia povera per me è stata la salvezza», dice quasi sotto voce. E mentre pronuncia questa frase, nel suo sguardo sembra di scorgere quel “fuoco che agita continuamente, che tiene sempre in esercizio, sempre in moto la persona che ne è infiammata” per dirla con le parole di quel Vincent de Paul, presbiterio francese che, quasi 400 anni fa, ispirò la nascita della “Congregazione delle Figlie della Carità”, note appunto come “Suore di San Vincenzo de’ Paoli”, un ordine nel quale i voti si rinnovano ogni anno per sottrarsi al rischio della clausura che impedirebbe di assistere spiritualmente e materialmente i bisognosi. Suor Raffaella ha appena terminato una telefonata dal cui tono abbiamo capito che qualche volta le fiamme della passione possono aiutare a scaldare un pochino anche le spesso freddine istituzioni. Ma poi ci vuole una certa capacità manageriale e organizzativa per far girare senza intoppi questa complessa macchina della solidarietà che cura le ferite di una società malata dove, come certifica la stessa Caritas nel suo rapporto annuale, crescono le disuguaglianze sociali e il numero dei poveri tende ad aumentare.

Il nostro pane quotidiano

Anche a Livorno sono sempre di più le persone che ricorrono all’aiuto delle associazioni, laiche e cattoliche, impegnate su questo drammatico fronte. La Caritas è una delle più attive e in questa città ha trovato in Coop un partner prezioso che ogni giorno rifornisce i 400 volontari e i 20 operatori della Caritas diocesana con centinaia di prodotti alimentari che poi diventano pasti da distribuire quotidiamente nelle mense sociali e a domicilio. Solo l’IperCoop di Porta a Terra dona alla Caritas merce per un valore di 220mila euro. «Sono più di 10 anni che la legge del “Buon Samaritano” ci permette di donare alle organizzazioni benefiche la merce vicina alla scadenza oppure non più vendibile perché in confezioni danneggiate», conferma il presidente della Sezione soci, Luigi Pini. E così, ogni santo giorno, esclusa la domenica, un furgoncino che parte da via delle Cateratte fa il giro dei Supermercati e negozi livornesi che aderiscono al progetto territoriale Pane quotidiano, non solo alla Coop naturalmente, «anche se Coop – puntualizza suor Raffaella – ci dà un sostegno fondamentale perché grazie agli alimenti dell’IperCoop e degli altri 4 Supermercati noi riusciamo a sostenere quasi interamente le 2 mense sociali». 180 pasti al giorno. 65.667 pasti nel 2015. 10mila nei primi 2 mesi e mezzo del 2016. Chiunque abbia bisogno sa di trovare in queste stanze qualcuno che li ascolta e provvede a loro. In prima persona Il 60 per cento di coloro che ricorrono alle mense sociali sono italiani, il resto immigrati, donne, uomini e giovani. Sono cifre considerevoli che da sole, però, non raccontano tutto. «Prima andavamo a prendere semplicemente quello che ci veniva donato – spiega suor Raffaella –, invece ora è nata una relazione diretta con la Coop che ci consente di guardare insieme nella stessa direzione, perché il dono è importante, ma ancora più importante è che il donatore si senta coinvolto in prima persona, che sappia a chi è indirizzata la sua generosità perché dietro ai numeri ci sono delle persone e dietro a ogni persona c’è una storia individuale di fragilità e di dolore che spesso purtroppo non riusciamo a riportare verso un’autonomia totale, ma sicuramente ci sforziamo di fargli riscoprire il significato della parola dignità. Questo è l’obiettivo fondamentale di Caritas, non solo dare da mangiare, ma riconoscere l’altro come persona».

Il più vicino possibile

Il Porto di Fraternità di via delle Cateratte ospita il Centro di Prima Accoglienza di Caritas che offre servizi di cosiddetta bassa soglia mirati a tamponare e ridurre gli effetti di marginalità estrema in cui versano molte persone che quotidianamente si rivolgono ai Centri di ascolto. Oltre un terzo degli ospiti del Centro di Prima Accoglienza è composto da persone senza fissa dimora. Il 36 per cento delle persone che si è rivolta ai servizi di bassa soglia nel 2015 lo fa da 2-5 anni, l’11 per cento da 6-10 anni, «segno preoccupante di un grave rischio che le situazioni di marginalità diventino croniche – avverte Suor Raffaella – e la fragilità sociale ed economica, una volta prodotta, tende a radicarsi in modo marcato e a imprigionare le persone nella condizione di “usufruitore di aiuti”». La maggior parte dei pasti viene distribuita nelle 2 mense e ai profughi del Progetto Accoglienza della Prefettura. Altri pasti vengono consegnati a domicilio alle persone sole e malate destinatarie del progetto Pasti a domicilio. Un’altra parte di cibo viene distribuita la sera alle persone senza dimora in collaborazione con la Ronda della carità organizzata dalla parrocchia di Coteto di don Luciano. Ma il bisogno alimentare, benché sia il principale, non è l’unica emergenza a cui cerca di far fronte l’attività del Porto. Cura, igiene della persona e vestiario sono non meno urgenti. Negli ultimi anni c’è stato un sensibile aumento degli accessi ai servizi del Centro rispetto all’anno precedente a riprova del drammatico aumento delle situazioni di difficoltà dovute alla precarietà abitativa e all’assenza di luoghi dedicati alla cura della persona. Infatti, solo nei primi mesi di quest’anno gli accessi al servizio doccia e vestiario sono stati quasi un migliaio. «L’esperienza con Coop testimonia che c’è qualcuno che si fa più prossimo ma che ognuno di noi può farsi a sua volta prossimo dell’altro – afferma con convinzione Suor Raffaella –, sconfiggendo l’individualismo che porta con sé solitudine e indifferenza o, nel migliore dei casi, una delega nel senso che “tanto c’è chi ci pensa”. Invece bisogna non solo dare ciò che non ci serve, ma condividere ciò che si ha».

Anche per questo spirito di condivisione da cui è animata, i 95mila soci di Livorno possono essere più che orgogliosi della loro Cooperativa.