Sostanze chimiche pericolose e persistenti, dannose per la salute e l’ambiente, sono state trovate nei prodotti dei maggiori marchi del settore outdoor. Greenpeace ha analizzato 40 prodotti, votati nei mesi scorsi dagli appassionati di tutto il mondo sul sito web dedicato, trovando Pfc non solo nell’abbigliamento, ma anche in scarpe, tende, zaini, corde e sacchi a pelo. Solo in 4 prodotti (il 10 per cento quindi) non sono stati rilevati Pfc, dimostrazione del fatto che solo poche aziende si stanno muovendo nella direzione giusta.
Marchi come The North Face, Patagonia, Mammut, Salewa e Columbia continuano a usare Pfc per impermeabilizzare i loro prodotti nonostante si dichiarino a parole amanti e rispettosi della natura. Lo rivela il rapporto Tracce nascoste nell’outdoor: «Abbiamo trovato elevate concentrazioni di Pfoa, un Pfc a catena lunga collegato a numerose patologie e malattie gravi come il cancro, in 11 prodotti. Questa sostanza è già sottoposta a severe limitazioni in Norvegia», afferma Giuseppe Ungherese nell’ambito della campagna inquinamento di Greenpeace Italia.
I Pfc sono composti chimici che non esistono in natura; una volta rilasciati nell’ambiente si degradano molto lentamente ed entrano nella catena alimentare, causando una contaminazione pressoché irreversibile. Sono stati trovati perfino nelle aree più remote del pianeta, in animali come delfini e orsi polari e nel sangue umano. Negli ultimi anni molti marchi dell’outdoor hanno abbandonato i Pfc a catena lunga a favore di quelli a catena corta, sostenendo che fossero un’alternativa meno dannosa.
Eppure, recentemente, più di 200 scienziati da 38 Paesi hanno firmato la Dichiarazione di Madrid che raccomanda di evitare l’uso di tutti i Pfc – inclusi quelli a catena corta – nella produzione dei beni di consumo. Staremo a vedere se le aziende dell’outdoor accetteranno la sfida lanciata da Greenpeace.
Per saperne di più
Gabriele Salari
ufficio stampa Greenpeace