Un film horror in una sala cinematografica semivuota? Camminare di notte per strada al buio? Sentire un rumore in casa quando si è soli? Tutto molto spaventoso, sia chiaro, ma la cosa che, ad oggi, ci spaventa di più è probabilmente l’arrivo del postino. E non per un’eventuale multa o l’avviso di un mancato pagamento. No, a provocare più di un brivido, nonostante i recenti mesi estivi, sono le bollette. Principalmente di luce e gas.
La crisi si sente
«Se la questione idrica determina problemi rilevanti sul fronte della disponibilità della risorsa acqua, quella energetica dell’ultimo anno ha inciso e continua a incidere pesantemente sul fronte dei costi legati all’erogazione dell’energia elettrica e del gas, nonché su quello dei carburanti – le parole di Tiziana Toto, responsabile delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva, mettono subito a fuoco il contesto in cui ci troviamo –. La tendenza di forte crescita si è manifestata soprattutto a partire dall’aggiornamento dei prezzi del mercato di tutela per il terzo trimestre del 2021, quello compreso fra luglio e settembre. È evidente che questa situazione, oltre a determinare un aumento della spesa diretta, provoca anche un innalzamento dei costi di tutte le altre classi merceologiche e dei servizi che usano energia, gas e carburanti. Infatti nel giugno scorso il tasso di inflazione ha fatto registrare valori superiori all’8%, situazione che non si verificava dal lontano 1986». Dunque è bene essere chiari: siamo in crisi. Oppure no? «Certo che siamo in crisi, ma la crisi in fin dei conti è la regola nell’economia – risponde Stefano Sanna, docente di politica economica al dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa –. A essere l’eccezione è l’equilibrio, non la crisi che rappresenta l’evoluzione e contiene anche aspetti positivi. Di sicuro, tuttavia, questa crisi è diversa dalle precedenti. Quella del 2007, per esempio, fu la classifica crisi finanziaria. Di recente a far saltare tutto è stata la pandemia, che ha cambiato la struttura produttiva del sistema: abbiamo letteralmente smesso per molto tempo di produrre e da qui si è innescata una crisi di tipo diverso, non solo quantitativa e finanziaria. Questo ha indotto interventi che in precedenza abbiamo sempre rifiutato – continua Sanna – come, ad esempio, l’aumento della spesa pubblica, cresciuta in maniera mostruosa prima negli Stati Uniti e poi anche da noi in Europa».
Quadro d’insieme
A completare il quadro è arrivata la guerra e l’inflazione è schizzata alle stelle, perché se le armi hanno sparato solo in Ucraina, le conseguenze toccano tutto il mondo. «Siamo stati molti anni con i tassi a zero, con l’inflazione a zero. Adesso è cambiato lo scenario – continua Sanna –. Si è innescata l’inflazione che si sta consolidando con il rischio per alcuni paesi di meccanismi di stagflazione (quella situazione per cui sono contemporaneamente presenti nello stesso mercato sia un aumento generale dei prezzi che una mancata crescita dell’economia in termini reali, ndr). Così facendo, aumenta lo scontro fra gruppi di paesi e diminuisce il commercio internazionale ». E in questa crisi si inserisce il caro-bolletta che tanto ci preoccupa, ma come e perché ce lo facciamo spiegare dal professore: «La questione fa parte del quadro descritto: aumenta il costo delle materie prime e dell’energia e qualcuno bisogna che le paghi. E guardando al futuro, l’energia costerà sempre di più.
Tuttavia questo non è di per sé un fatto negativo, anche se sembra un paradosso. Se vogliamo energie pulite, infatti, occorre sapere che queste costano di più. Le uniche variabili che possono sfuggire a questi vincoli sono l’innovazione e la tecnologia: produrre di più a prezzi più bassi. La Cina fa paura perché ha fatto passi enormi nell’investimento in tecnologie». Insomma chi investe avrà una capacità produttiva maggiore con relativo aumento anche dei redditi, ma nel medio e lungo periodo comunque le bollette continueranno a crescere e questo non è un problema da poco. «Senza dubbio, ma il fenomeno va gestito, trovando modi per attenuare l’impatto immediato e ridistribuendolo. Ci saranno interventi, decreti, modifiche sulle accise, ma sono palliativi. La vera partita è un’altra – rilancia con chiarezza Sanna –: riuscire a modificare la struttura produttiva, allargando la capacità di produrre reddito con cui la ricchezza si accumula».
A basso reddito
Pensionati, giovani con un lavoro precario, famiglie con un solo genitore. Parlando proprio di guadagni, viene da chiedersi – restando sulla situazione in essere – chi è più colpito dai rincari delle bollette. «Sono le famiglie monoreddito e chi si trova ai livelli più bassi di stipendio o pensione – interviene Pompeo Della Posta, professore di economia alla Beijing Normal University a Zhuhai in Cina –. Per queste persone l’incidenza della spesa per i consumi di base (le cosiddette “spese obbligate”) è più alta. Cosa fare? Gli interventi possibili dovrebbero prima di tutto non essere a pioggia, ma mirati. La questione è politica e, di conseguenza, vanno fatte scelte politiche». Scelte da fare in fretta perché se l’inflazione continua a viaggiare intorno al 7-8% annuo il risultato porterebbe quelle persone a perdere all’incirca una mensilità nell’arco di un anno (i dati degli economisti: un maggiore costo annuo che può raggiungere i 1.850 euro per famiglia). «La cosa giusta sembrerebbe quella di compensare i lavoratori aumentando i loro salari. Ma gli imprenditori dove potrebbero trovare le risorse per tali compensazioni? Forse aumentando l’efficienza produttiva e approfittando di questa crisi per fare quel salto tecnologico che purtroppo non abbiamo fatto negli ultimi 20-30 anni. Perché altrimenti l’unica alternativa è quella di aumentare i prezzi dei prodotti che vendono – afferma Della Posta – e correre il rischio così di innescare una spirale inflazionistica ». Intanto torniamo al problema immediato del caro-bolletta: l’obiettivo attuale del Governo è, in termini economici, quello di sterilizzare il più possibile l’effetto di questo aumento dei prezzi sui cittadini: «una proposta è quella di ridurre il cuneo fiscale, in modo da aumentare gli stipendi in busta paga. Ma è una proposta di cui parliamo, senza successo, da 30 anni – ci ricorda Della Posta –. Un’altra idea è quella di mettere dei tetti ai prezzi (introducendo, quindi, prezzi amministrati), ma anche in questo caso resta difficile capire come renderla effettivamente credibile e operativa. La verità è che la coperta è corta e si deve sapere, e accettare, che se ci si copre da una parte ci si scopre da un’altra».
“L’aumento del costo della vita è arrivato a livelli tali per cui sono necessari aggiustamenti nei salari, ma non si può reintrodurre la scala mobile perché il suo automatismo farebbe crescere ancora di più l’inflazione. Comunque, i salari dovranno essere ritoccati, perché oggi una famiglia monoreddito non campa più. Se abbiamo il costo della vita quasi alla pari di Francia e Germania, ma salari nettamente inferiori, uno dei motivi è che siamo fuori dai grandi investimenti internazionali. Perché Tesla ha investito in Germania e non in Italia, nonostante salari più bassi a fronte di migliore produttività? Per la sfiducia nella stabilità politica nostrana, per le complicazioni burocratiche, le incertezze e la lentezza della giustizia.
Romano Prodi, economista, presidente del Consiglio dei Ministri italiano (1996-1998 e 2006-2008) e presidente della Commissione Europea (1999-2004) “
Quanto mi costi!
Luce e gas: ecco i numeri degli aumenti che pesano sulle tasche degli italiani.
Per quanto riguarda l’energia elettrica, considerando la “famiglia tipo” con consumi medi di 2.700 kWh all’anno e una potenza impegnata di 3 kW, nel giro di un anno si è passati da un prezzo di riferimento di 22,89 centesimi di euro per kilowattora a un prezzo di 41,51 centesimi di euro per kilowattora: +81%. In termini di spesa a carico della famiglia stiamo parlando di 1.120 euro invece dei 618 euro dell’anno precedente.
Per quanto riguarda il gas naturale, con consumi di 1.400 metri cubi annui, nell’ultimo anno si è passati da un prezzo di riferimento di 84,67 centesimi di euro per metro cubo a 123,62 centesimi di euro per metro cubo: +46%.
In termini di spesa a carico della famiglia stiamo parlando di 1.730 euro invece dei 1.185 dello scorso anno
Perdita d’acqua
I consumi idrici che costano tanto a noi e al pianeta.
Va bene la luce, va bene il gas, ma l’acqua? Anche fare una doccia può costare molto, non solo in termini economici, non solo a noi. Perché la crisi idrica minaccia il pianeta. «L’Italia è il paese della Comunità Europea che preleva la maggior quantità d’acqua potabile, 34mila metri cubi all’anno, il 50% dei quali è assorbito dagli usi agricoli e il restante 50% suddiviso tra quelli civili e quelli industriali – spiega Tiziana Toto, responsabile delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva –. La riduzione dello spreco d’acqua è un obiettivo alla portata di tutti. Ma l’attuale modello “urbano”, basato su prelievo, distribuzione, utilizzo, fognatura, depuratore e scarico, comporta un uso eccessivo di risorse idriche di alta qualità e produce inquinamento che può essere solo parzialmente ridotto ricorrendo alla depurazione», rimarca Toto con qualche numero che parla da solo.
Per gesti quotidiani ripetuti, di cui spesso non ci rendiamo nemmeno conto, consumiamo ad esempio:
- da 6 a 12 litri per il lavaggio delle mani con rubinetto aperto tra fase di insaponatura e risciacquo;
- da 15 a 20 litri per il lavaggio dei denti con il rubinetto sempre aperto tra fase di pulizia e risciacquo;
- da 18 a 25 litri per radersi con il rubinetto sempre aperto tra fase di applicazione della schiuma fino al risciacquo finale;
- da 50 a 90 litri per una doccia con durata attorno ai 5-8 minuti;
- da 100 a 150 litri per un bagno in vasca;
- da 10 a 12 litri utilizzando uno sciacquone che non dispone di sistema di scarico a doppio pulsante.
E le infrastrutture? Le perdite idriche si attestano al 40% circa dell’acqua immessa nelle tubature. Ma questo è un altro grosso problema ancora.
Nel nostro piccolo. Come risparmiare?
Breve vademecum per cittadini stremati. Piccoli gesti quotidiani.
Ecco come si fa a risparmiare, almeno un po’, almeno sul fronte delle bollette energetiche:
● spegnere gli stand by
● utilizzare lampadine a risparmio energetico
● preferire apparecchiature elettroniche di classe energetica superiore
● controllare la temperatura degli ambienti
● utilizzare valvole termostatiche.
E a livello immobiliare:
● fare interventi più strutturali volti a migliorare l’isolamento termico dell’abitazione
● dotarsi di impianti di generazione di energia rinnovabile
● sostituire le caldaie tradizionali con quelle a condensazione
● fare una corretta manutenzione degli impianti per evitare dispersioni.
L'intervista
Effetto domino. La globalizzazione e le ricadute della crisi energetica sulla disponibilità dei prodotti alimentari, secondo Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia.
«Le difficoltà che stiamo vivendo dipendono da fenomeni singoli che si sono succeduti e concatenati. Primo fra tutti la pandemia: oltre alle drammatiche conseguenze sulla salute e sulla vita delle persone, ne ha avute anche altre, ad esempio, sulla circolazione delle merci. Per la prima volta da quando, venti anni fa, è cominciata la globalizzazione, si è interrotto il ciclo della logistica globale, a causa degli stop della produzione di beni e della movimentazione di cose e persone. Si sono fermati aerei, navi, tir e container. Ora che la produzione è ripartita ed è cresciuta la domanda mondiale, i trasporti arrancano ancora, quello marittimo in particolare, con tariffe pesantemente cresciute durante la pandemia e mai rientrate».
Con quali ricadute?
«I tempi di consegna delle merci sono più lunghi e non possiamo essere certi di mettere in vendita un prodotto come facevamo un tempo. Come impresa di distribuzione abbiamo difficoltà a ricevere alcuni prodotti finiti. Per questo gli scaffali sono un po’ meno affollati e i consumatori non trovano sempre tutto quello che desiderano».
Ne risentiranno anche le filiere italiane che Coop ha valorizzato in questi anni?
«In parte sì, perché se frutta, verdura e altri prodotti alimentari sono comunque disponibili, essendo originari del nostro paese, potrebbero mancare i pezzi per i macchinari che servono a trasformare il cibo o per confezionarlo. La questione è molto complessa e si fa sentire l’effetto domino».
Veniamo ai rincari dell’energia.
«Per riscaldare le serre e gli allevamenti serve energia, per trasformare il latte in formaggio anche, così come per cuocere i biscotti e pasta. Ma gli esempi potrebbero essere tanti altri. Non scordiamo i concimi: l’urea che viene utilizzata per fertilizzare i campi è un prodotto chimico di sintesi, così come i fosfati, che provengono totalmente da fuori Italia. Le implicazioni dell’aumento dei costi energetici e del petrolio sono moltissime e spesso non conosciute dai non addetti ai lavori».
Infine è arrivata la guerra in Ucraina.
«Il conflitto ha chiuso il cerchio dei rincari per la carenza di prodotti, come grano, altri cereali e olio di girasole, beni fondamentali per l’industria alimentare italiana, che esporta in tutto il mondo».
Passiamo al tema caldo degli imballaggi anch’esso legato alla “questione energia”.
«I primi segnali di crisi si sono visti durante i primi mesi di pandemia, per esempio, con l’esplosione del commercio on line: montagne di carta e plastica. Da allora la tendenza non si è invertita e le vendite in rete hanno aggiunto richieste alla produzione mondiale di imballaggi secondari. Con i rincari dell’energia poi, essendo le cartiere fra le imprese più energivore, insieme a quelle della ceramica e dell’acciaio, i prezzi sono schizzati in alto: che si tratti di imballaggi per i prodotti che consumiamo o trasportiamo, carta igienica o tovaglioli, non fa differenza».
È evidente come tutto è collegato: cosa ci attende dunque quest’autunno sugli scaffali di Coop?
«Non ci sarà da stupirsi né da spaventarsi se alcuni prodotti mancheranno temporaneamente. È importante acquisire consapevolezza dei processi che guidano l’economia globale, i cui costi in passato sono ricaduti sui lavoratori e sull’ambiente, senza che nessuno se ne facesse carico. Ora il nostro pianeta chiede pegno e risponde con il cambiamento climatico e le sue conseguenze disastrose. La filosofia del “tutto, subito e sempre” non è più attuale. Se le persone capiscono i processi che portano un prodotto sullo scaffale, forse modificheranno le loro richieste, riconoscendo il giusto valore a ciò che acquistano. Infine, sarà ancora più vitale ridurre gli sprechi e consumare con consapevolezza e sobrietà, per ridurre l’impatto sull’ambiente e sul portafoglio».
di Cecilia Morandi