Un bambino che spegne le candeline, recita a scuola e impara ad andare sugli sci con l’aiuto di papà. Poi abbraccia la mamma e sgambetta in costume al mare. Scorrono le immagini di un’infanzia felice nel video La mia libertà, che accompagna il nuovo singolo di Leo Gassmann, il cantante romano figlio di Alessandro e Sabrina Knaflitz, e nipote del grande Vittorio – «nonno austero ma anche affettuoso» –, di cui Leo ha bellissimi ricordi.
Dopo aver partecipato a X Factor nel 2018 e a Sanremo nel 2020, vincendo tra le Nuove Proposte, il giovane Gassmann, laureatosi nel frattempo, ha inciso un brano intimistico, che parla d’oppressione, per trasformarsi in un inno di pace.
Com’è nato il nuovo singolo, a due anni da Strike, album d’esordio che ha superato gli 11 milioni di streaming?
«Durante la prima pandemia, per aprire il percorso all’album La strada per Agartha, una fiaba-album a cui ho lavorato per due anni, presto in uscita. È un brano che ho cantato a volte felice, a volte piangendo, ed esprime la necessità di tornare a vivere le esperienze della vita in maniera più pura, come bambini, appunto».
Dove ti sei ispirato per comporlo?
«Nella casa di vacanza in Toscana, dove mi sono trasferito con mamma e papà durante la pandemia. Mi svegliavo alle 7 e facevo lezione all’Università fino alle 11. Poi mi chiudevo dentro un piccolo studio. E dopo alcuni mesi passati lì è uscita questa voglia di libertà, d’aria...».
Sei un giovane che si guarda intorno con attenzione. Qual è la tua posizione rispetto alla politica?
«Tutti i leaders mondiali sono persone avanti con l’età. E quando si cresce si perde un po’ la capacità di provare empatia. Bisognerebbe concentrarsi sulle cose importanti anziché farsi le guerre».
I tuoi genitori ti hanno trasmesso solidi valori. Non li hai mai delusi?
«Credo di no. Sono molto fortunato. La mia è una famiglia di persone oneste, che hanno faticato nella vita, e molto generose. Papà si impegna da sempre nel sociale».
E tu hai seguito le sue orme, stando dalla parte dei più deboli con l’associazione Bulli Stop, che a giugno ha organizzato a Roma un bellissimo spettacolo contro il bullismo.
«Lo schermo ci fa sembrare qualcos’altro, ma è una costruzione. Io sto con gli oppressi, con chi non ha voce e neppure i soldi per comprarsi il pane. E spero, anche con la mia musica, di poter raccontare qual è la vera via per la libertà».