Il trekking evoca tempo libero, sguardi lontani e menti sgombre. Eppure originariamente non fu affatto una passeggiata, ma una migrazione: quella dei boeri olandesi in Sudafrica, sconfitti dagli inglesi e a metà dell’Ottocento, costretti a cercare insediamenti altrove, lungo un percorso appunto chiamato The great trek.
Una sorta di americana conquista del west, diretta però verso il punto cardinale opposto e di gran lunga meno narrata e romanzata. Ironia della sorte, proprio gli inglesi, pochi decenni dopo, ne hanno fatto uno sport. Ormai talmente praticato da ramificarsi in sottocategorie: il mountain- il desert-, l’archeo- e il social trekking, solo per fare qualche esempio.
Slow foot
E ultimamente anche lo slow trekking, dove slow (lento) non si riferisce a un dato oggettivo di chilometri orari, piuttosto a un allineamento al personalissimo ritmo di ogni camminatore. E il ritmo non è dato solo dalla forma fisica, ma dal grado di immersione nel paesaggio che si attraversa: non si cammina solo per muovere il corpo, disintossicare la vista dagli schermi quotidiani e arrivare alla meta, ma anche per lasciarsi distrarre durante il percorso.
Un percorso poco blasonato, magari, ma proprio per questo prodigo di piccole scoperte. Così è la Via Medicea, tra Prato e Fucecchio, dove vigneti, uliveti, mulini e tre ville medicee raccontano il dialogo armonico tra uomo e natura. All’arrivo alla Padule di Fucecchio, poi, l’uomo scompare dietro a cannocchiali da birdwatching,focalizzati su gru e cicogne bianche, che qui a marzo amano nidificare. Si va a passo lento anche nella verde Umbria, negli occhi panorami che spaziano dalla Maremma ai Monti Sibillini, nelle orecchie leggende di madonne a cavallo e gare di processioni e in bocca il sapore del rosso Colli Amerini, da degustare in uno dei piccoli centri storici appollaiati sull’omonima montagna.
Molto meno mistico è il cammino dei briganti, al confine tra Abruzzo e Lazio, dove ai tempi di Stato Pontificio e Regno Borbonico vivevano e lottavano gli spiriti liberi (uomini e donne) che non ne volevano sapere di assoggettarsi né all’uno né all’altro padrone.
Tra castelli dell’anno mille, chiese romaniche e bizantine e querce vecchie di vari secoli spuntano paesini come Poggiovalle, che a molti briganti dette i natali. Alcuni loro compaesani – magari discendenti – sono lì a rifocillare i camminatori con qualche camera a disposizione nelle loro case e piatti tipici. Perché di cucinare qualcosa che esula dalla loro tradizione proprio non gli verrebbe in mente