Lavorare da casa, senza dover andare necessariamente in ufficio, è un’ipotesi di cui si tiene sempre più conto per i lavoratori dipendenti. L’emergenza coronavirus ha, infatti, acceso i riflettori sullo smart working (lavoro agile) e il telelavoro, due forme di impiego flessibili e a distanza, più considerate oggi rispetto a qualche mese fa.
Entrambe permettono con impostazioni differenti, grazie al supporto della tecnologia informatica, di non recarsi o recarsi meno in ufficio, proponendo soluzioni lavorative più agili in termini di scelta del luogo (spesso casa propria), tempi e modi di svolgimento, senza un orario fisso per lo smart working.
Tra i vantaggi di questa nuova impostazione meno rigida del rapporto di lavoro, che in base a recenti studi si può applicare in Italia a oltre 8 milioni di persone, ci sono quelli ambientali. Basti pensare ai tanti chilometri trascorsi in macchina, autobus, treno per andare sul posto di lavoro e, al conseguente, consumo di carburante dannoso per l’ambiente. Carburante il cui uso – lo ricordiamo – provoca emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera contribuendo ai cambiamenti climatici in corso.
Basti pensare alla diminuzione del traffico sulle strade negli orari di punta, che permetterebbe di realizzare infrastrutture di trasporto più snelle, e ai minori consumi di risorse per realizzare, allestire, riscaldare, pulire gli uffici, il cui numero e dimensioni potrebbero essere molto ridotti.
E pensiamo anche ai centri rurali che vedrebbero ridotto il loro rischio di spopolamento, perché i lavoratori potrebbero non abbandonarli, a tutto vantaggio di un minore affollamento delle città.