Invecchiare è inevitabile, ma prenderne atto davvero non è sempre facile, soprattutto se a farne le spese sono quelle attività che ci fanno sentire giovani e forti. L’orologio batte il tempo senza distinzione di sesso, ma se di menopausa si parla senza tabù, sono meno conosciuti i disturbi che possono affliggere il sesso forte: calo della libido, dell’attività sessuale, deficit erettili, insicurezza, ripresa più lenta da malattie. E se da un lato i problemi di salute connessi all’avanzamento dell’età vengono generalmente accettati e gestiti, le disfunzioni sessuali generano spesso un senso di inadeguatezza.
Calo fisiologico
I problemi erettili sono fonte di imbarazzo e diventano tabù per la maggior parte degli uomini che ne soffrono, più propensi a parlare e trattare affezioni considerate vere patologie, come quelle della prostata, piuttosto che le disfunzioni nella sfera sessuale. Si sente parlare spesso in questi casi di andropausa, sebbene, come sottolinea Alessandro Natali, responsabile del servizio andrologia urologica, urologia e chirurgia andrologica dell’Università di Firenze, «si tratta di una contraddizione in termini. Mentre il termine menopausa nella donna sta a indicare la fine del mestruo, con la conseguente sterilità e una situazione clinica ben precisa legata alla cessazione della produzione di estrogeni, nel maschio la situazione è ben diversa. Possiamo dire che dai 45 anni in poi può calare fisiologicamente la produzione di testosterone, ormone importante non solo in campo sessuale e riproduttivo, ma anche per il corretto funzionamento del cervello, delle ossa, dei muscoli e dell’apparato cardiocircolatorio – spiega Natali –. Questa situazione clinica è conosciuta dagli autori anglosassoni con il termine Loh (Late-onset hypogonadism), cioè ipogonadismo insorto in età avanzata». Le disfunzioni sessuali in generale e quella erettile in particolare sono quindi patologie correlate all’invecchiamento. «Con il passare degli anni, infatti, aumentano i fattori di rischio per questi disturbi, quali il diabete, l’aumento dei grassi nel sangue, le malattie cardiache, l’ipertensione, l’uso di farmaci, l’obesità e la sedentarietà, senza dimenticare che anche il fumo, l’alcol e l’uso di sostanze stupefacenti possono causare questi disturbi persino in giovane età», commenta Natali.
Non fa testosterone
È, invece, da sfatare la leggenda metropolitana del legame indissolubile fra i problemi alla prostata e le disfunzioni sessuali: «niente di più falso – dichiara Natali –: l’unico elemento che hanno in comune è che diventano più frequenti a mano a mano che l’uomo invecchia. Quindi se siamo meno performanti a 60 anni – continua – non bisogna dare la colpa alla prostata, ma alla carta d’identità ». Se è vero che esistono fattori di rischio e che ogni individuo invecchia, l’ipogonadismo patologico non è certo il destino di ogni uomo. Non per tutti, infatti, il calo fisiologico del testosterone, sebbene inevitabile, raggiunge livelli di guardia. Ma quali sono i valori di quest’ormone ritenuti problematici? «Da questo punto di vista esistono ancora divergenze tra gli addetti ai lavori. In ogni caso ciò che conta veramente non è 49 tanto il testosterone totale – avverte Natali –, quanto quello biologicamente attivo che si ricava da una formula matematica che deve tenere conto della proteina che lega il testosterone nel sangue, detta Sex Hormone Binding Globulin». Essa è prodotta dal fegato che, aumentando con l’età, tiene legato a sé il testosterone e non lo rende disponibile nel nostro sistema circolatorio per esplicare le sue normali funzioni. «Però – chiarisce Natali – non esiste una correlazione lineare tra i due fenomeni: un calo significativo del testosterone attivo potrebbe, infatti, determinare disfunzioni sessuali, ma non è sempre così».
Argomento tabù
Eppure si tratta di un problema con un’incidenza abbastanza elevata: si calcola, infatti, che in Italia il 13% degli uomini sia affetto in qualche misura da disfunzione erettile. Incidenza che, come abbiamo visto, aumenta con l’età, passando progressivamente dall’1,7% negli uomini al di sotto dei 50 anni al 48,3% dei pazienti di oltre 70 anni, secondo quanto riportato dalla Società Italiana di Andrologia. Un problema che, proprio per questi numeri, ha un impatto sociale rilevante, considerando anche il possibile insorgere di fenomeni depressivi connessi. «Se infatti l’homo italicus riesce ad ammettere che con il passare degli anni vi possa essere qualche acciacco (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia), difficilmente digerisce di non poter più funzionare come un tempo», commen- ta Natali che continua: «La componente depressiva correlata alle disfunzioni sessuali è sempre dietro l’angolo, almeno 1 maschio su 2 ne soffre. La figura dell’andrologo può fornire un supporto anche per quest’aspetto psicologico del problema, spiegando che la vita sessuale dell’uomo è un po’ come le Quattro Stagioni di Vivaldi: primavera, estate, autunno e inverno. Ma ogni stagione, dal punto di vista sessuale, ha la possibilità di dare i suoi splendidi frutti, basta saperli cogliere». Ma la diffidenza ancora diffusa nel parlare di questi temi è provata proprio dalla difficoltà a rivolgersi a uno specialista: sebbene le cose oggi sono migliorate, con un tempo di attesa nel rivolgersi a un medico dimezzato a 2 anni di media, siamo ancora lontani da una piena accettazione del problema. «2 anni sono ancora troppi – sottolinea Natali –, soprattutto considerando che oggi esistono varie soluzioni terapeutiche, farmacologiche e chirurgiche, che possono risolvere oltre il 95% dei casi di disfunzione sessuale». Gli uomini devono quindi riuscire a lasciarsi alle spalle questo tabù e cominciare a considerare questi problemi niente più che patologie come altre che possono essere trattate e curate. «Il maschio deve prendere un po’ esempio dalla donna – conclude Natali – che con il suo ginecologo fa cura e prevenzione. E deve convincersi a superare i tabù e rivolgersi al suo specialista di riferimento, l’andrologo».
INFO www.prevenzioneandrologica.it/ disfunzione-erettile/42-disfunzione-erettile.html