Da quassù il panorama riempie gli occhi. A dieci minuti dall’area naturale protetta del Parco dell’Orecchiella e con vista sulla Fortezza delle Verrucole, ecco il Caseificio Marovelli, un’azienda della Garfagnana la cui sede è al tempo stesso anche abitazione dei proprietari. Siamo in un luogo «lontano da tutto», in un posto «scomodo da raggiungere » ma «sano». Lo descrive così Fabio Marovelli, che oggi porta avanti insieme ai genitori e alla sorella Romina l’attività avviata dal nonno Giovanni, quando gli chiediamo di raccontarci perché i suoi formaggi hanno quel qualcosa in più. Che poi non tutto si può spiegare a parole: semplicemente, da queste parti, bisognerebbe venirci.
Tradizione di famiglia
Quella del Caseificio Marovelli è una realtà a conduzione familiare, giunta alla terza generazione, che affonda le sue radici nella storia di questo pezzo di montagna e nelle usanze delle comunità che le danno vita. «Una volta tutti avevano gli animali e facevano il formaggio – spiega Marovelli –. In particolare, tipico di queste zone era il “misto”, che si otteneva mescolando più tipi di latte perché ogni contadino aveva animali diversi: mucche, pecore e capre. Mio nonno raccoglieva anche il latte e lo commercializzava. L’azienda vera e propria è nata dopo, con mio padre e mio zio, nella prima metà degli anni Sessanta». Al Caseificio Marovelli oggi si seguono i ritmi di quella tradizione. La giornata comincia alle cinque e mezzo. La raccolta del latte, la pastorizzazione, la trasformazione del latte e la produzione dei formaggi si richiamano a metodi artigianali. Si lavorano circa 30 quintali di latte al giorno. Contemporaneamente si guarda anche al futuro e alle novità: «Una volta si facevano prevalentemente caciotta, “misto” e pecorino – racconta Marovelli –. Poi col passare del tempo abbiamo iniziato a fare diversi tipi di formaggi e quelli conciati».
Capita a bagiolo
Tra i formaggi che si possono trovare nei negozi di Unicoop Tirreno, da Avenza a Cecina, non c’è che l’imbarazzo della scelta. In mezzo a tante forme il Bagiolo, un formaggio fresco che è un po’ il fiore all’occhiello del Caseificio Marovelli e che ha nei mesi scorsi ottenuto il riconoscimento della medaglia d’oro al Merano WineFestival. «È un formaggio morbido che si ottiene da latte di mucca, dalla crosta fiorita, bianca ed edibile, simile a quella del brie. È particolarmente apprezzato perché, oltre che essere un formaggio da tagliere, si abbina bene anche in cucina, ad esempio, come ripieno per ravioli, gnocchi e sfogliatine». E poi ancora la caciotta, il caprino, la mozzarella, gli yogurt, lo stracchino, il pecorino fresco e stagionato, quest’ultimo affinato per due mesi in botte con foglie di castagne e felci o con vinaccia.