A piedi, in bicicletta, a cavallo, con i pattini a rotelle. Pochi lo sanno, ancora non molti le percorrono, ma nel Belpaese sono migliaia i chilometri di vie ecologiche da sfruttare per viaggiare riscoprendo vecchi tracciati ferroviari ormai dismessi o inutilizzati. «L’idea di recuperare ex linee ferroviarie non più attive per una mobilità dolce in Italia risale alla fine degli anni Novanta», spiega Roberto Rovelli dell’Associazione italiana Greenways onlus (www. greenways.it) che si propone di far conoscere e percorrere le greenways, vie o percorsi verdi lungo lo Stivale.
In via di sviluppo
«Sull’esempio di quanto avvenuto negli Stati Uniti a partire da metà degli anni Sessanta, ci siamo chiesti se anche da noi fosse possibile recuperare il patrimonio ferroviario dismesso proponendone nuovi modelli di riutilizzo». Una domanda alla quale non si poteva trovare una risposta senza sapere prima quanti tracciati di ferrovia abbandonati e inutilizzati ci fossero. «Il primo passo – continua Rovelli che è ricercatore al dipartimento di scienze agrarie e ambientali dell’Università degli Studi di Milano – è stato quello di procedere a un censimento nazionale (www.ferrovieabbandonate.it) in collaborazione con Ferrovie dello Stato ».
Una raccolta dati che ha svelato un patrimonio di ben 8mila km in disuso da poter riconvertire in percorsi naturalistici alternativi. «Anche se 500 di questi 8mila km vengono riattivati per qualche mese all’anno soprattutto per servizi turistici, come in Sardegna o Toscana, l’entità di questi tracciati è destinata senza dubbio ad aumentare», precisa Rovelli. Basti pensare, ad esempio, a tutte le linee ferroviarie che verranno a mano a mano mandate in pensione per la realizzazione delle varianti di tracciato necessarie per treni sempre più veloci. Centinaia di km che si snodano lungo territori che, collegando città, borghi e villaggi rurali, sono spesso ricchi di opere d’arte come ponti, viadotti, gallerie, stazioni e caselli (molti di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche) che giacciono per gran parte abbandonati e dimenticati.
Ambiente familiare
Da non confondere con le classiche piste ciclabili, queste linee verdi presentano caratteristiche particolari che le rendono un po’ alla portata di tutti. «Molto sicure perché fisicamente separate dalla rete stradale ordinaria, con pendenze moderate adatte a una circolazione dolce accessibile dai bambini agli anziani – sottolinea Rovelli – le greenways offrono anche un diverso punto di vista sui paesaggi circostanti rendendo le passeggiate veri e propri tuffi nel passato». Un recupero, nel rispetto ambientale, che porta con sé il valore aggiunto della memoria di luoghi che altrimenti andrebbero a finire nel dimenticatoio. Senza contare l’impatto economico positivo per molte realtà locali che possono facilmente riconvertire infrastrutture e strutture esistenti in servizi turistici come bar, ristoranti, b&b, noleggio biciclette. «Se ben gestite, le greenways possono produrre ampi benefici per le popolazioni coinvolte portando incentivi per la creazione di nuove attività imprenditoriali e promuovendo lo sviluppo di una nuova forma di turismo attivo, responsabile e sostenibile».
Chilometro di misura
Attualmente in Italia si contano una cinquantina di vie ecologiche che si estendono su circa 750 km effettivamente fruibili. Tra le più note e meglio attrezzate sicuramente la Ciclovia delle Dolomiti (www.ciclabiledolomiti.com) lunga 65 km, il percorso ciclopedonale realizzato sull’ex ferrovia militare Treviso-Ostiglia (44 km) e il tracciato di circa 51 km dell’ex ferrovia Spoleto - Norcia, tra le più belle e caratteristiche per il paesaggio ma anche per i significativi interventi di recupero effettuati. «Dopo il Trentino Alto Adige dove sono stati recuperati quasi tutti i km di ferrovia abbandonata, Lombardia, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna sono le regioni che hanno riportato in vita più vie ecologiche». Ma le possibilità di sviluppo sono davvero moltissime: la sola Sicilia conta circa 1.000 km di ex ferrovie da riconvertire mentre in Liguria, per le varianti di tracciato in atto, dovrebbero andare in pensione altri chilometri entro il 2016. «Il lavoro da fare – dice a proposito il ricercatore – è ancora molto e avrebbe bisogno di un piano nazionale unitario d’intervento nonché di finanziamenti ad hoc».
Per il momento l’Associazione italiana Greenways ha avviato, in collaborazione con Touring Club Italia, il progetto Binari verdi (www.binariverdi.it) teso a promuovere e valorizzare sul piano turistico questi percorsi che, per la loro unicità, tanto possono dare in termini di immagine e benefici economici al Belpaese.