La ragazza della porta accanto

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8 Febbraio 2017
Dalla passione per il cibo italiano all'amore per la famiglia, dalle esperienze in Tv all'impegno per i disabili. Questa volta è lei, Eleonora Daniele, la conduttrice di Storie vere, a raccontarsi ai lettori di Nuovo Consumo.
di Maria Antonietta Schiavina

Al pubblico televisivo si è presentata partecipando al Grande Fratello 2, dopo aver lavorato per un’azienda di telecomunicazioni, una banca privata e sfilato per alcune case di moda. Poi è approdata a varie conduzioni Rai, fra cui Ciak, si canta!, Linea verde e l’Estate in diretta.

Ma è con Storie vere (in onda dal lunedì al venerdì, alle ore 10, su Rai1) che si è fatta conoscere, perché il talk show mattutino da cui è stato tratto anche un libro omonimo – racconti basati su testimonianze “rivelate” in diretta dai loro protagonisti – è senza ombra di dubbio il suo fiore all’occhiello.

Bella, capace, professionale, Eleonora Daniele, classe 1976, padovana, due sorelle, Cosetta ed Elena a cui è legatissima, un fratello, Luigi (affetto da autismo e morto a soli 44 anni) è molto amata dai telespettatori, che vedono in lei l’amica della porta accanto, quella a cui si può confidare ogni segreto o chiedere aiuto nei momenti difficili.
Una persona semplice che non si è montata la testa nonostante il successo e che dice: «Ho ancora tanta strada da fare, anche se i miei sogni in parte li ho realizzati».

Che bambina era Eleonora Daniele?
«Solare, gioiosa, ma piuttosto taciturna. Mi piaceva ascoltare più che parlare. Generosa, però anche determinata e decisa: se volevo qualcosa facevo di tutto per ottenerlo».

Quali sono oggi le sue priorità?
«Gli affetti, la famiglia, gli amici. Mi piace far star bene le persone che amo».

Per 2 anni con Linea verde è andata alla scoperta dei profumi e dei sapori nei posti più suggestivi d’Italia. Ma qual è il luogo a cui è rimasta legata maggiormente?
«Padova, ma soprattutto la casa della nonna, dove ho vissuto fino a 5 anni. La porto sempre come ricordo nel cuore, così come i profumi delle cose buone che lei metteva in tavola».

Oggi che rapporto ha con il cibo?
«Cerco di mangiare bene e soprattutto italiano. I prodotti del nostro paese sono sinonimo di qualità».

Va a fare la spesa?
«Certo. E cerco sempre di comprare con criterio, informandomi sull’origine dei prodotti».

Non mette dunque nel carrello alimenti a caso?
«Faccio di tutto per evitare un simile errore. Mi capita spesso, quando vado al supermercato, di vedere persone che comprano senza leggere le etichette, senza sapere che cosa mettono nella dispensa. Ed è un vero peccato, perché alimentarsi in modo corretto è una delle prime regole per stare bene».

Eleonora Daniele è una donna golosa?
«Dipende dal momento che sta vivendo. Se è in crisi si consola mangiando, se è serena può resistere bene alle tentazioni».

Come fa a mantenersi in forma?
«Vado in palestra. Ho fatto per molto tempo pugilato, uno sport che unisce allenamento e divertimento».

Adesso non lo pratica più?
«No. Mi provocava mal di schiena e ho dovuto smettere».

Quali sono le storie, fra quelle che racconta, che le stanno più a cuore e quali la fanno più arrabbiare?
«Mi piacciono le storie positive, le sfide vinte, che testimoniano forza interiore e coraggio. Mentre mi indignano quelle delle persone in difficoltà, spesso ignorate dalle istituzioni».

Dopo Estate in diretta, che l’ha tenuta sul piccolo schermo da giugno a settembre, nell’autunno scorso è ripartito Storie vere, roccaforte del palinsesto di Rai1, a cui ha dedicato anche un libro. E il pubblico la segue sempre di più. Si è data una spiegazione?
«Ho preso atto che la gente è appassionata di storie. A me piace raccontare il sociale, l’attualità e il pubblico recepisce il messaggio».

Purtroppo però nella sua trasmissione c’è anche molta cronaca nera.
«Sì, ma cerchiamo di trattarla narrando i fatti. Con grande rispetto per la sofferenza dei protagonisti e di chi ascolta».

Nel suo spazio si occupa spesso di disabilità, un argomento che le sta molto a cuore.
«Sono testimonial della Fondazione Italiana Autismo e cerco di fare tutto ciò che posso per aiutare i disabili e le loro famiglie. Anche perché, avendo avuto un fratello autistico, ho provato sulla mia pelle che cosa significa lottare per vedere rispettati i propri diritti, in un mondo sempre più chiuso nel proprio egoismo, dove non c’è spazio per la fragilità».

Suo fratello è morto a febbraio del 2015. Che rapporto c’era fra voi due?
«Un rapporto di grande amore. Luigi mi manca molto e non ho ancora superato il dolore per la sua perdita. Oggi in suo nome cerco di aiutare gli altri. Per reagire, ma anche per evitare ingiustizie come quelle che ha subito lui. Oggi i bambini autistici hanno molte più possibilità di un tempo. Però, quando mio fratello era bambino, c’era solo l’isolamento che significava solitudine e dolore, in un mondo che non accettava in nessun modo la diversità».