Italiani a rapporto

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11 Ottobre 2018
Dalla convenienza alla qualità dei prodotti, dalla lotta allo sfruttamento dei lavoratori alla tutela dei diritti, dell’ambiente, della salute dei consumatori e del pianeta. Il modello cooperativo in una società italiana tutt’altro che giusta. Guardare la fotografia scattata dal Rapporto Coop 2018 per credere
di Dario Guidi

 

Un mercato più giusto, più sicuro, più rispettoso dei diritti delle persone e dell’ambiente.
È quello che cerca di fare Coop, come sempre in campo con azioni concrete, di fronte a una ripresa economica lenta, incerta e comunque iniqua, perché ne traggono beneficio solo i più ricchi mentre la parte più povera della popolazione perde ulteriormente terreno. A conferma del fatto che le imprese e le catene della Grande Distribuzione non sono tutte uguali, Coop rivendica scelte e progetti che fanno seguire con coerenza i fatti alle parole. In estrema sintesi è questo il messaggio che ha accompagnato la presentazione del Rapporto Coop 2018, un rapporto che con la sua consueta mole di dati e informazioni fotografa lo stato di salute della società italiana e l’andamento dei consumi.

Buon mercato
«I primi mesi di quest’anno vedono un calo dei consumi dello 0,8%. Dunque se già l’andamento pur positivo della nostra economia era decisamente debole rispetto agli altri paesi europei, ora il rischio è di un rallentamento ulteriore – spiega Marco Pedroni, presidente di Coop Italia –. Per questo le scelte che il Governo farà con la legge di stabilità sono molto importanti.
In primo luogo chiediamo che si eviti ad ogni costo l’aumento dell’Iva, una tassa che colpirebbe i consumi soprattutto delle fasce più povere della popolazione». Basti pensare che nel corso de 2017 il 20% più povero della popolazione (che spende 4 volte meno del 20% più ricco) ha perso un altro 3% di capacità di spesa, mentre la stessa percentuale l’ha guadagnata la fascia più benestante. Oltre a dire no all’aumento dell’Iva, Coop chiede anche misure di sostegno al reddito e di contrasto alla povertà: «Tra le forze politiche – commenta Stefano Bassi, presidente di Ancc-Coop – è aperto un importante confronto su questi temi: nella 9 scorsa legislatura il Governo aveva avviato il progetto legato al reddito di inclusione che è già parzialmente operativo. Ora l’attuale maggioranza parlamentare sembra puntare su quel che viene chiamato reddito di cittadinanza. Non spetta a noi dire quale sia la forma migliore da adottare: quel che chiediamo, con forza, è che non si perda tempo e si intervenga per contrastare la povertà in maniera significativa e urgente».

La migliore offerta
Dal canto suo Coop ribadisce l’impegno a offrire cibo buono e sicuro per tutti i consumatori, cioè accessibile anche alle fasce più deboli. Sì, perché le recenti vicende legate allo sfruttamento dei lavoratori nelle filiere agricole e a fenomeni di caporalato confermano che, se l’obiettivo di garantire prezzi convenienti resta, questo non può andare a scapito del rispetto dei diritti di chi lavora e della giusta remunerazione dei produttori.
Su un altro piano, lo stesso ragionamento vale per le tutele ambientali, perché produrre in modo rispettoso e sostenibile significa ridurre i costi che la collettività dovrebbe poi sostenere magari per raccogliere rifiuti in più o combattere l’inquinamento.
«Coop è leader nel mercato italiano – continua Pedroni –; la nostra è un’offerta rivolta a tutte le fasce di reddito. Per questo sentiamo molto la responsabilità di portare avanti progetti e idee che riescano a cambiare e migliorare il mercato in cui operiamo, a fare prima e meglio di altri cose che modifichino la situazione guardando al futuro, nell’interesse dei consumatori».

Gli esempi sono tanti e sono cose che i lettori di Nuovo Consumo conoscono benissimo: «dal varo della linea Origine che significa piena garanzia sull’intera filiera alla campagna Buoni e giusti, perché noi contro lo sfruttamento e il caporalato ci siamo mossi già da anni chiedendo ai nostri fornitori di sottoscrivere impegni rigorosi e facendo controlli a tappeto su tante filiere. E dove abbiamo trovato irregolarità gravi abbiamo anche interrotto i rapporti con diverse imprese.
Su altri versanti siamo impegnati – sottolinea il presidente di Coop Italia – con Alleviamo la salute per ridurre o eliminare l’uso di antibiotici negli allevamenti. E anche qui si tratta di un impegno che tende a modificare l’organizzazione e il modo di lavorare dell’intera filiera e degli allevamenti. Con un beneficio che riguarda alla fine la salute pubblica.

Infine abbiamo aderito, volontariamente, all’invito dell’Unione Europea per ridurre l’uso della plastica, indicando impegni precisi che ci siamo assunti pubblicamente, alcuni dei quali sono già fatto concreto. Su tutte queste cose la speranza è che altri ci seguano, perché sono cambiamenti che guardano a un futuro migliore per tutti in una logica che non si esaurisce solo nell’inseguire il prezzo più basso». Sul tema dei rapporti tra catene della distribuzione e agricoltura italiana, anche alla luce delle polemiche che ci sono state nel corso dell’estate, Coop puntualizza: «Soprattutto da parte di Coldiretti si tende a dipingere tutto il mondo della distribuzione come qualcosa di indistinto e di nemico dell’agricoltura italiana. Noi non ci stiamo, noi vogliamo essere giudicati per i comportamenti che abbiamo sul mercato – afferma Bassi –. Noi non facciamo le aste al ribasso e siamo impegnati a riconoscere ai produttori un prezzo che garantisca un’equa remunerazione. Ciò che facciamo contro il caporalato è noto. E se il Governo intende davvero andare avanti e istituire tavoli di confronto sul tema del contrasto all’illegalità noi siamo pienamente disponibili». Un modello cooperativo che può, dunque, fare la differenza.
 

Scelta di campo
Assicura ai produttori un prezzo che permette il rispetto della sicurezza e la giusta retribuzione ai lavoratori e alle imprese. Come Coop sta dalla parte dell’agricoltura.

Non tutte le imprese e le catene della Grande Distribuzione sono uguali e Coop rivendica la coerenza e il valore delle sue scelte e dei suoi comportamenti di fronte a un mercato molto variegato, spesso opaco.
Un esempio? La polemica esplosa durante l’estate scorsa per il fatto che alcune catene acquistano – nel caso specifico si parlava di pomodori da industria (quelli destinati a conserve e passate) – attraverso il sistema delle aste al ribasso (in alcuni casi doppio). Un meccanismo estremo, basti pensare che (nella seconda asta) il prezzo di partenza è il più basso emerso dalla prima. Come hanno denunciato congiuntamente Flai-Cgil e Terra! Onlus, «si tratta di una pratica sleale che impoverisce tutta la filiera agroalimentare» e aumenta il rischio di non vedere riconosciuti i diritti dei lavoratori. Di fronte a queste denunce Coop ha subito ribadito, non solo di non partecipare al meccanismo delle aste al ribasso, ma di essere impegnata ad assicurare a chi produce un prezzo che permette il rispetto della sicurezza e la giusta retribuzione ai lavoratori e alle imprese. Per questo ha definito per i prodotti a proprio marchio un accordo di filiera che garantisce agli agricoltori del Sud per il pomodoro da industria un prezzo superiore di oltre il 10% rispetto a quello dell’accordo interprofessionale. A conferma che fare agricoltura nel rispetto delle regole e facendo in modo che siano coperti i costi di produzione non solo è possibile, ma è anche sostenibile. In più, se prendiamo ad esempio i pelati Coop nella confezione da 400 grammi della linea Origine, va precisato che oltre a tutte le garanzie etiche e di rintracciabilità, questi pomodori hanno standard produttivi superiori. Inoltre tutti i lotti del prodotto vengono analizzati prima della messa in commercio tramite un laboratorio certificato esterno.

 

Fatti di costume.
In un’economia che arranca, consumi che stentano, divari sociali che crescono, le abitudini degli italiani, primi per spesa alimentare, sempre più attenti all’ambiente. Ecco i dati del Rapporto Coop sull’oggi, con uno sguardo al mondo di domani.

Se la tendenza attuale non cambia nel 2050 sulla Terra saremo 9,8 miliardi di persone (contro i 7,6 attuali), cioè il 30% in più. Il 68% vivrà in aree urbane (oggi è il 55%) e avremo 2,4 miliardi di auto circolanti (oggi sono 1,1). Le emissioni di CO2 arriveranno a 43 miliardi (con un 26% in più) e i raccolti caleranno del 10% a causa di eventi climatici e degrado del suolo.

Anche se gli italiani sono molto concentrati sul presente (e spaventati), il Rapporto Coop 2018 parte da una visione ampia delle cose, proprio per ricordare a tutti che ogni scelta che facciamo oggi deve tenere conto delle ricadute che produrrà su un futuro non lontano e piuttosto complicato. «La necessaria riflessione sul domani – dichiara Albino Russo, curatore del Rapporto e direttore di Ancc- Coop (nella foto) – si scontra con il dato di diseguaglianze che continuano ad accentuarsi e che negli ultimi anni hanno colpito anche la classe media dei paesi sviluppati». Se tanto, anche in paesi come Cina a India, si sta muovendo, resta il fatto che il Pil pro capite in India è di 6mila dollari, in Cina e Brasile di 14mila, contro i 34mila di Italia e Spagna, i 38mila della Francia, i 44mila della Germania e i 53mila degli Stati Uniti. 

Se poi si va a guardare dentro ai singoli paesi si scopre che le diseguaglianze (calcolate in base all’indice di Gini dove 0 è il massimo di eguaglianza) sono più alte soprattutto in Italia (0,333), Spagna (0,345) e Usa (0,391) rispetto a Danimarca (0,263), Svezia (0,282) e anche Francia (0,295) e Germania (0,293). Sul piano dei consumi l’Italia arranca: dal 2007 a oggi la perdita di potere d’acquisto è stata pari a 81 miliardi di euro. Di questi, 31 miliardi mancano ancora ai consumi complessivi, gli altri 50 sono venuti meno ai risparmi. In questo quadro piuttosto complicato il Rapporto Coop prova a individuare alcune tipologie di comportamento degli italiani, suddividendo la popolazione in 4 gruppi: c’è un 17% di “esploratori”, la parte più benestante e dinamica, pronta a sperimentare nuovi stili di vita; poi ci sono un 39% di “curiosi”, interessati al futuro, ma più pragmatici e con meno ansia di innovare; poi c’è un 19% di “tradizionalisti” che si accontentano di una quotidianità serena e sicura; infine c’è un 26% di “nostalgici”, cioè persone insoddisfatte, preoccupate del futuro e che rimpiangono ciò che avevano in passato. Una classificazione strettamente legata al reddito, ma anche al livello culturale. Se la politica, i partiti, insieme a banche e sindacati svettano nella “lista nera” dei meno amati, c’è però un tema su cui c’è un’attenzione crescente ed è quello dell’ambiente. 

 

 

«Gli italiani – evidenzia Russo – sono primi in Europa come sensibilità su questo fronte. Il 90% di persone ritiene che l’ambiente abbia effetto diretto sulla qualità della vita, contro la media europea dell’81%. In più il 57% di concittadini dice di aver cambiato le sue abitudini per ridurre l’inquinamento, agendo sugli spostamenti, sulle abitudini in casa o sui consumi alimentari. Un altro fronte su cui gli italiani primeggiano è quello del cibo. Pur in un quadro di consumi stagnanti, con 2.428 euro pro capite all’anno, siamo davanti a Francia (2.353 euro), Germania (2.019 euro) e Spagna (1.817) euro per acquisti. Analizzando i diversi comparti, se forse non stupisce che siamo primi per incidenza della spesa per pane e pasta, un plauso va al fatto che anche per frutta e verdura svettiamo nella classifica, mentre siamo ultimi per gli alcolici. «Anche qui, però, pesa la polarizzazione che premia chi ha redditi medi e alti e chi abita nelle regioni del Nord», fa notare Russo. Comprensibile quindi che continuino a crescere i consumi di prodotti che costano qualcosa in più come i cosiddetti free from (cioè senza sale, zuccheri, lattosio ecc.), i prodotti etnici e quelli pronti all’uso. Ma se si va più nel dettaglio si scopre che, dopo aver sperimentato e provato (come è avvenuto in questi anni), i consumatori alcune cose decidono di tenerle nel carrello e altre di eliminarle o almeno ridurle: così calano i prodotti a base di kamut, come il tofu o il seitan e anche gli yogurt. Invece continua a crescere a doppia cifra il biologico, che anche quest’anno segna un più 10,5% trainato da carne, uova e olio, rappresentando ormai il 4% delle vendite alimentari totali, con 1 famiglia su 3 che acquista i prodotti bio abitualmente. Versione integrale del

 

Rapporto Coop 2018 consultabile e scaricabile su www.italiani.coop

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