Campanella d’allarme

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8 Settembre 2017
Tra investimenti che non bastano, ritardi cronici, balletto italico delle responsabilità tra dirigenti scolastici, enti locali e Governo, l’analisi dello stato di rischio degli edifici scolastici è ancora incompleta, gli interventi procedono a rilento e manca un chiaro ordine di priorità. Così i ragazzi dello Stivale tornano in scuole malconce, non sempre a norma, ma c’è anche chi, nelle zone colpite dal terremoto la scorsa estate, una classe vera e propria non ce l’ha.
di Rita Nannelli

Vecchie e malridotte, con solai e controsoffitti che crollano, intonaci che si staccano, costruite in zone sismiche – di cui ci ricordiamo solo dopo crolli come quello della scuola di Amatrice –, senza agibilità statica e igienico-sanitaria, non attrezzate in modo adeguato contro gli incendi. I dati raccolti da Cittadinanzattiva – al momento in cui scriviamo – nel Rapporto su sicurezza, qualità ed accessibilità a scuola ci consegnano un quadro poco confortante dell’edilizia scolastica lungo tutto lo Stivale: più di 1 scuola su 10 ha lesioni strutturali, in 1 caso su 3 gli enti locali non effettuano gli interventi richiesti, 1 istituto scolastico su 3 si trova in zone ad elevata sismicità e soltanto l’8% è stato progettato secondo la normativa antisismica. Per la scuola suona la campanella... d’allarme.

Banchi di prova
E pensare che fine 2004 era il limite fissato per la messa a norma di tutti gli edifici scolastici. Dando un’occhiata ai dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca si fa presto, invece, a contare le scuole sicure, eccezioni in mezzo a una distesa di edifici sgangherati. In tutta la provincia di Roma, per esempio, su una distesa di oltre 2mila scuole censite, di progettate o adeguate in base alle norme antisismiche ne risultano solo 60.Con una lunga lista di piccoli e grandi problemi che rendono ancora più brutto il voto in pagella della scuola italiana: dalle aule troppo piccole ai bagni senza carta igienica e sapone, per non dire della mancanza dei sussidi per gli studenti con disabilità, barriere architettoniche un po’ ovunque in aule, bagni, biblioteche, laboratori, palestre e mense. «C’è in Italia un’inadeguatezza strutturale endemica degli edifici scolastici, vecchi e fatiscenti – commenta Adriana Bizzarri, responsabile scuola Cittadinanzattiva –.
E poi manca la manutenzione ordinaria: i crolli d’intonaco, ad esempio, sono molto diffusi nelle mense, nei laboratori, nelle palestre, nelle aule. È che non fanno notizia (se non locale, per lo più grazie a genitori barricadieri). Due sono i più grossi problemi dell’edilizia scolastica – riassume Bizzarri –: la carenza o mancanza, appunto, di manutenzione ordinaria e straordinaria. Crollano, oltre all’intonaco, solai, soffitti e controsoffitti di edifici il 60 per cento dei quali costruiti tra gli anni Sessanta e Ottanta con tecniche edilizie ormai vetuste. E la vulnerabilità sismica con i relativi, necessari, interventi di adeguamento, considerando che circa 19mila edifici si trovano in comuni a maggior rischio sismico (aree 1 e 2), quasi la metà delle scuole italiane».

Scuola di pensiero
Ma chi deve garantire un ambiente sicuro, igienico e confortevole? Qui comincia il gioco, tipicamente italiano, dello scarico delle responsabilità. A districare il groviglio ci aiuta Antonino Petrolino della direzione nazionale dell’Anp (Associazione nazionale presidi): «La legge 23/96 assegna la responsabilità degli edifici scolastici per materne, elementari e medie ai Comuni, alle Province per le superiori. Ma è una legge che ha oltre 20 anni e la realtà oggi è diversa. A cominciare dalle Province che, in vista di un’abolizione che poi di fatto non c’è stata, sono state svuotate di poteri e quindi di finanziamenti. I continui tagli dei trasferimenti di finanza pubblica verso gli enti locali rendono arduo anche per i Comuni investire in questo settore secondo le effettive esigenze. Tutto dipende dalla sensibilità delle singole amministrazioni che scelgono a che cosa destinare i pochi soldi che hanno in cassa. Quanto ai dirigenti scolastici essi hanno una responsabilità civile – ammette Petrolino –. Sono responsabili per la sicurezza e la salute di tutte le persone all’interno della scuola, di tutte le attività che vi si svolgono e devono essere dotati del Documento di Valutazione dei Rischi e di Piani di Emergenza. Ma la responsabilità si esaurisce (almeno in teoria) con la richiesta scritta d’intervento ai proprietari degli stabili, ovverosia Comuni e Province, come dicevo prima». E qui casca l’asino! I soldi non ci sono o non sono sufficienti.

Fino in fondo
Non getta acqua sul fuoco Giacomo Zolezzi, responsabile dell’organizzazione nazionale e dell’edilizia scolastica dell’Unione degli Studenti: «I fondi investiti dal Governo per la messa in sicurezza delle scuole sono insufficienti, un po’ meno di 7 miliardi, mentre, secondo una stima non di adesso della Protezione Civile, solo per rendere sicuri gli edifici servirebbero 14,7 miliardi. O meglio sarebbero serviti, perché nel frattempo lo stato delle scuole è ulteriormente peggiorato – precisa –. Molte scuole non rispettano i criteri antisismici, contengono amianto e mostrano segni di cedimenti strutturali, il 60% è a rischio di crollo. Noi lo denunciamo da anni, ma il Governo risponde solamente con azioni spot e investimenti del tutto insufficienti. In più mettere a norma le scuole non basta, è necessario predisporre ambienti funzionali alla didattica, spazi per le  attività autogestite degli studenti, palestre, laboratori, biblioteche». Pochi soldi per la malconcia scuola italica, in più non sempre “spediti” all’indirizzo giusto. «I finanziamenti non vengono assegnati secondo le effettive esigenze delle singole scuole – conferma Zolezzi –, ma secondo bandi progettuali e tutto dipende dalle capacità e dalle competenze (non obbligatorie) dei presidi in materia. Per capirsi: la scuola che fa meglio il progetto prende i fondi, e spesso non si tratta di quella messa peggio. La Provincia di Caserta, al dissesto finanziario, non ha neanche i soldi per pagare le bollette, figurarsi per garantire ai ragazzi scuole salubri, sicure, funzionali...».
A detta di molti, però, qualche passo avanti in tema di edilizia scolastica si è fatto in questi ultimi anni. È stato previsto a luglio lo stanziamento di oltre 1 miliardi e 400mila euro per il 2018-20 per adeguamento sismico e interventi su soffitti e controsoffitti, a cui dovrebbe aggiungersi un altro miliardo – o quasi – di fondi Bei (Banca europea degli investimenti), dopo che i 7 miliardi del triennio 2015- 2017 (di cui, a onor del vero, una parte non è stata ancora spesa e un’altra risale agli anni precedenti) hanno permesso di avviare gli interventi necessari su 7mila scuole. «Senza dubbio si sta investendo in edilizia scolastica più che in passato – sottolinea Bizzarri –. Pensiamo anche ai milioni stanziati per le 52 scuole innovative, per le quali sono arrivati 1.200 progetti, ora da selezionare (il tutto, però, con 1 anno di ritardo e con l’incertezza sui tempi di avvio dei lavori). Dunque l’entità complessiva degli stanziamenti da parte del Governo è accettabile, peccato che la situazione sia così disastrosa da metterci di fronte a una vera e propria lotta contro il tempo».

Scelte prioritarie
E se siamo arrivati fin qui, garantire scuole sicure a ragazzi, insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario in Italia non ha forse il diritto di precedenza, come rimarca Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente: «Dai dati emersi durante la nostra campagna Nontiscordardimé, a marzo, risulta chiaro che gli interventi di adeguamento sismico ed energetico non sono una priorità, ed è preoccupante che manchi un’analisi della situazione di rischio delle scuole e una regia nazionale sugli interventi». Intanto si potrebbe completare l’Anagrafe dell’edilizia scolastica per disporre di un’analisi puntuale del rischio degli edifici «altrimenti continueremo a restare in balia di eventi sismici e atmosferici e ad avere scuole vecchie e poco sicure», avverte Muroni. Ma per inerzia o inadempienza, che in Italia logorano sempre i seppur buoni intenti iniziali, il ritmo a cui si procede è così lento che per curare le scuole situate nelle aree più a rischio del paese ci vorranno oltre 100 anni. «Ma con quali criteri Comuni e Province hanno individuato e possono individuare gli edifici che hanno bisogno di interventi urgenti se non dispongono di una fotografia aggiornata dello stato del patrimonio edilizio scolastico?». Si domandano all’unisono Legambiente, Cittadinanzattiva e l’Unione degli Studenti. La risposta si perde in un gliommero di enti, burocrazia, obblighi, promesse disattese.

Nessun aggiornamento
Ma per capire dove e come intervenire ci sarebbe un’Anagrafe creata apposta «Se non fosse che, varata ad agosto 2015, contiene dati ancora non aggiornati – chiarisce Bizzarri –. Fatta eccezione di alcune regioni virtuose, come la Toscana, nella maggior parte dei casi la rilevazione delle scuole è ferma e non è stato ancora inserito un indice fondamentale: quello di vulnerabilità sismica. Il Miur aveva promesso l’aggiornamento per metà 2017, ora si parla di fine anno – spiega con una punta di ironia la responsabile scuola di Cittadinanzattiva –. L’ente proprietario, ad oggi, non ha contezza dello stato degli edifici perciò come può fare l’elenco degli interventi più urgenti da mandare alle Regioni e queste al Miur?». Una fotografia parziale e fuori fuoco del reale che lascia problemi insoluti e domande senza risposta come questa: quanti edifici gli enti locali hanno sottoposto alla verifica di vulnerabilità sismica (obbligatoria per ogni regione dal 2013)? «Un’Anagrafe stilata come si deve aiuterebbe parecchio a rispondere e a programmare gli interventi – conclude Bizzarri –. E darebbe informazioni chiare e dovute ai tanti comitati dei genitori che si sono costituiti in tutta Italia, non solo nelle zone del terremoto nel Centro». Si potrebbe cominciare col «ridefinire l’affidamento delle responsabilità – suggerisce Petrolino –, creando un dipartimento per l’edilizia scolastica all’interno del Ministero dei lavori pubblici oppure, ancora meglio, col dare agli enti locali più risorse e controllare che vengano investite effettivamente nell’ambito a cui sono destinate». Intanto nelle Marche, in Umbria, nel Lazio e in Abruzzo, colpiti l’estate scorsa dal terremoto, solo 21 scuole sono già progettate, mentre quelle distrutte sono molte di più. E si continuano a mettere in fila lungo lo Stivale soffitti e controsoffitti crollati: da settembre scorso ad aprile 35 crolli in corridoi, bagni, mense scolastiche, che non hanno fatto nessuna vittima, ma diversi feriti sì (i dati completi nel nuovo Rapporto di Cittadinanzattiva di prossima uscita). Insieme a ospedali inospitali, a uffici pubblici che ti chiudono lo sportello in faccia, a disservizi serviti ogni giorno, tra i controsensi nostrani di ordinaria amministrazione c’è anche studiare in una scuola che cade a pezzi.

Su www.cittadinanzattiva.it si può scaricare gratuitamente A scuola di sicurezza, una guida semplice per famiglie e studenti con informazioni sulla sicurezza delle scuole e utili consigli per sapere che cosa verificare e a chi rivolgersi in caso di problemi strutturali o scarsa vivibilità delle aule.

 

Note sul registro
Tante le segnalazioni che gli sportelli di Federconsumatori, sparsi in tutto il paese, ricevono su piccoli e grandi problemi degli edifici scolastici. Ce ne parla il  presidente nazionale Emilio Viafora.

A giudicare dai risultati dei rapporti sugli edifici la scuola del Belpaese non se la passa bene. 
«La situazione che ogni anno le indagini sullo stato di salute dell’edilizia scolastica rivelano è allarmante: i 2/3 delle scuole non possiedono la certificazione di agibilità statica. Per non parlare delle segnalazioni che riceviamo quotidianamente ai nostri sportelli sulla mancanza di accessi per studenti disabili, segni di fatiscenza, carenza di manutenzione strutturale. Tutti elementi che in alcuni casi mettono a rischio, o comunque compromettono, la salute e il diritto allo studio dei ragazzi».  

Andiamo dritti al cuore della questione: di chi è la responsabilità?
«Le responsabilità fanno capo al dirigente scolastico e alle amministrazioni comunali e provinciali. È curioso in tal senso che il dirigente scolastico sia assolto da ogni responsabilità qualora abbia fatto la richiesta di adempimento degli interventi all’ente locale competente. Ma, al di là di queste anomalie normative, le motivazioni profonde vanno ricercate, da un lato, nei ritardi e negli ostacoli di carattere burocratico, dall’altro, nella carenza di un serio piano di monitoraggio e prevenzione da parte del Ministero dell’Istruzione e nella carenza di risorse e investimenti».

Ma l’attuale Governo ha aumentato i fondi destinati alla manutenzione e alla ristrutturazione delle scuole.
«Però sono ancora insufficienti. Ci troviamo di fronte a una situazione molto variegata, con forti contrasti: dalle scuole ad altissima efficienza energetica a quelle con solai non a norma, senza mense, senza sicurezza antisismica. È necessario perciò un monitoraggio anche sulla gestione dei fondi destinati all’edilizia scolastica, i cui vincoli per l’impiego devono essere sottoposti a rigidi controlli».

Per questo non era stata creata l’Anagrafe dell’edilizia scolastica?
«Stando alle ripetute denunce provenienti da associazioni ed enti, quest’Anagrafe è inaffidabile e spesso non aggiornata. Le rilevazioni e i dati in essa riportati, in molti casi, non fanno riferimento a una data precisa. Inoltre provengono da fonti diverse: presidi o uffici tecnici del comune, senza che ci sia la definizione di un ufficio deputato a tali verifiche. Ma la cosa più grave è che mancano le certificazioni: dall’agibilità alla staticità, dalla vulnerabilità al rischio sismico. Mancano, in pratica, tutti gli elementi utili a valutare se un edificio scolastico è davvero sicuro».

Sicura, accessibile, di qualità. Che cosa bisognerebbe fare per accogliere i ragazzi in una scuola così?
«Un monitoraggio rigoroso per capire qual è lo stato dell’edilizia scolastica dal punto di vista della sicurezza, della salubrità degli ambienti – ad esempio, è fondamentale scoprire in quali strutture è ancora presente l’amianto – e dell’efficienza energetica. È questo secondo Federconsumatori il presupposto da cui partire per verificare lo stato dell’arte. Apprezziamo i passi avanti compiuti sulla strada della semplificazione delle procedure burocratiche e di quelle per l’assegnazione dei fondi, nonché la tracciabilità dell’uso degli stanziamenti. Ma si tratta solo dei primi passi di un lungo percorso fatto di controlli, verifiche e soprattutto di interventi di prevenzione per garantire la sicurezza degli studenti».