Due anni fa Luigi Fedele, 21 anni, allievo della scuola di recitazione all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico, si è fatto notare come protagonista del film Piuma di Roan Johnson, in cui vestiva i panni del giovanissimo Ferro, spensierato, estroverso, romantico. E ha confermato il suo talento in Quanto basta di Francesco Falaschi, un film delicato, divertente e commovente che racconta una storia di amicizia e d’amore, condita d’alta cucina. Nel film, interpretato anche da Vinicio Marchioni e Valeria Solarino, Fedele è Guido, un ragazzino timido e problematico, che nonostante la sua disabilità sa perfettamente ciò che vuole. Affetto da una forma lieve di autismo, la sindrome di Asperger, il giovane vive con i nonni e vuole diventare chef, cosa che gli riuscirà benissimo, anche grazie ad Arturo (Vinicio Marchioni), uno cuoco stellato caduto in disgrazia che gli farà da maestro.
Raccontaci come sei entrato in una parte non proprio semplice.
«Entrare nei panni di Guido è stato molto stimolante. Mi sono avvicinato al ruolo prima con i libri, i film e i documentari che mi ha dato il regista per capire il mondo di chi è affetto da questa sindrome. E ho cercato di lavorare soprattutto sull’aspetto interiore, prima insieme a Francesco (Falaschi, ndr), poi da solo, frequentando anche dei centri che ospitano questi ragazzi, mescolandomi fra gli ospiti per conoscerli meglio».
In Piuma hai interpretato un vulcanico e incontenibile ragazzo padre; in Quanto basta sei un aspirante chef. A quale dei due personaggi ti senti più vicino?
«Forse a Ferro, anche perché è calato in un contesto che è più simile al mio, per l’ambiente in cui vive, per il modo di parlare e di agire. Ma come Guido sono molto timido, perciò mi sento anche vicino a lui».
Come ti sei trovato con Valeria Solarino e Vinicio Marchioni?
«Molto bene. Con Marchioni avevo già lavorato, mentre Valeria Solarino la conoscevo solo per i suoi film. Mi hanno messo tutti e due a mio agio e ci siamo molto divertiti, anche grazie a Falaschi che sul set ha creato una bellissima atmosfera».
Protagonista di Quanto basta è il cibo e nel film si critica anche la mania della cucina troppo spettacolarizzata, tanto che la frase clou della storia è: “il mondo ha più bisogno di un ottimo piatto di spaghetti al pomodoro piuttosto che di un branzino al cioccolato”. Ma a te piace cucinare?
«Tantissimo, fin da piccolo. Ho ereditato questa passione dai miei genitori e nelle scene girate ai fornelli mi è venuto tutto naturale. Mi sono sentito come a casa».