Schegge di paura

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12 Marzo 2018
La paura angosciosa di vivere in assenza di stimoli e senza interessi. E' in agguato l’atarassofobia, un paradosso postmoderno solo in apparenza.
di Barbara Autuori

Bombardati, super stimolati, costantemente richiamati da mille segnali. Il ritmo della vita targata 3.0 appare sempre più accelerato e pieno di mille interessi. Con il rischio concreto di farsi assalire dall’atarassofobia, il timore di vivere in assenza di stimoli. L’esatto opposto dell’atarassico distacco ricercato dai filosofi antichi, quella perfetta serenità d’animo raggiunta liberandosi delle passioni. Ma non era l’epoca delle gratificazioni istantanee e delle ricompense immediate.

Motivi di disinteresse
Oggi la paura di non averli quegli stimoli può trasformarsi nell’angoscia di ritrovarsi senza interessi, cose da fare, persone da frequentare. «Questa fobia si manifesta in tutto il suo splendore» conferma lo psicologo Adriano Purgato che nel 2006 la annoverò tra le inquietudini dell’era odierna nel suo libro Fobie. Le nuove ossessioni del secolo XXI (Castelvecchi Edizioni, pp. 190, euro 15). «Dodici anni fa – continua – si affacciava alla finestra del secolo appena iniziato come nuovo fenomeno. Già allora appariva come contenitore di molte altre fobie, sintomi evidenti di malesseri postmoderni spesso legati all’enorme offerta di cui si può godere praticamente in ogni ambito». Con il risultato che più si può fare, scegliere, prediligere, selezionare, distinguere più diventa difficile desiderare. Un po’ come trovarsi su un trampolino senza avere il coraggio dituffarsi. Un paradosso che oggi, soprattutto grazie ai continui stimoli provenienti dal mondo dei social, sembra aver raggiunto il suo apice. «L’incapacità di desiderare – sottolinea Purgato – è l’anticamera dell’atarassofobia, paura che con il passare del tempo si è tramutata in una grande debolezza». E non riguarda solo i singoli individui ma l’intera società. Anche se, infatti, sono i più giovani ad apparire più esposti a questa fobia, in realtà non sembrano esserci categorie sociali del tutto immuni dal rischio.

Che noia!
«Tra una tappa e l’altra della vita – evidenzia a proposito lo psicologo – può esserci per tutti il pericolo di farsi prendere dall’ansia di vivere una vita noiosa e priva di interessi. Diventa allora importante capire come si è arrivati fin lì e che cosa si è costruito». Il caotico contesto sociale in cui siamo immersi ha reso le stesse relazioni interpersonali molto confuse, ma raramente disponiamo degli strumenti adatti per gestire tutto questo caos. Cosa fare allora per uscirne senza farsi assalire dall’atarassofobia? «Sviluppare un senso di appartenenza, scommettendo così concretamente su come impiegare il proprio tempo e di conseguenza la propria vita», suggerisce Purgato che come psicoterapeuta lavora spesso con i gruppi. Un passaggio che tuttavia va affrontato senza stravolgimenti epocali. «Per non forzare la propria natura, si può partire dai propri interessi magari anche quelli più generici, utilizzandoli come stampelle per uscire dal pantano delle infinite possibilità». In questo modo si può iniziare a dare una direzione ai propri desideri, si può immaginare una meta da raggiungere, si può stare concretamente in compagnia approfondendo al contempo la conoscenza di sé stessi. E trovare in questa assenza di agitazione – l’atarassia tanto cara ai filosofi dell’antica Grecia – la strada giusta per il proprio personale benessere mettendo al bando molte, se non tutte, piccole e grandi fobie.

 

Glossario
Atarassia
Dal greco antico ἀταραξία – assenza di agitazione – il termine è usato per la prima volta da Democrito ma adottato principalmente dalle scuole postaristoteliche, epicurea, stoica e scettica, per designare lo stato di serenità del saggio che contempla il mondo senza più subirne la pressione affettiva. Imperturbabilità di fronte alle vicende umane, in latino la parola è tradotta tranquillitas

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